Gli Hellcharge sono qui con il loro simpaticissimo carico di disagio urbano, con contorno di droghe assortite, abusi di varia natura, vomito e violenza, per ricordare a tutti che, in fondo, la vita è una cosa meravigliosa. E lo fanno con una mistura elegante e raffinata alla massima potenza, che assomiglia tanto a quel mal di testa fortissimo e a quel rigurgito acido che persistono al mattino dopo la sonora sbronza della sera prima; una mistura frenetica e adrenalinica, che puzza di benzina, tra il buio gracchiante del black metal più grezzo e minimale e l’impeto iconoclasta del punk vecchia scuola. Questo è ciò che possiamo ascoltare in “Don’t Try”, compilation celebrativa che esce in formato tape e in edizione limitatissima (sole cento copie e autoprodotta, tanto per rimarcare una volta di più l’attitudine “do it yourself” della band, evidente fin dalla “strana” copertina) e che raccoglie alcuni brani inediti e diversi pezzi già pubblicati in passato da questi cinque arroganti ed offensivi pazzoidi portoghesi, alcuni impegnati in altri progetti underground dai nomi carezzevoli, come Crepusculo Maldito, Nuklear Goat e Alcoholocaust.
Pezzi registrati in presa diretta, ficcanti e veloci, della durata di uno, due minuti circa, con l’eccezione di “Worship Thy Needle”, che incredibilmente dura quasi sette minuti ed è l’unica canzone strutturata su ritmi più pesanti e cadenzati: in queste schegge infuocate, o sarebbe meglio dire siringhe infette (visti i temi trattati nelle liriche), trovano spazio staffilate black metal crudissime, alla Ildjarn per intenderci, ed influenze che arrivano dritte dritte dal punk più stradaiolo degli anni settanta e primissimi anni ottanta. E in questo contesto ci stanno di conseguenza benissimo le cover di Minor Threat, Nirvana e The Damned, con “New Rose” che per l’occasione diventa “New Dose”.
Insomma un’ode alla sporcizia, alla maleducazione e al politicamente scorretto (qualsiasi cosa voglia dire, come il suo contrario) come non si sentiva dai tempi degli Anal Cunt di “Everyone Should Be Killed”: più in salsa black metal ma comunque stessa, inascoltabile merda (in senso buono ovviamente).
E quindi, mentre scorrono le canzoni e vi domandate che diavolo state facendo e perché state sprecando in questo modo il vostro tempo prezioso, gli Hellcharge vi ricordano che il rohipnol è una caramella, che non bisogna chiamare “grindcore” le bands “hardcore” e che loro odiano la vostra band e pure il vostro side project; nel mentre vi salutano alzando un gigantesco dito medio.