Diciamoci la verità, noi di Blackmetalistkrieg siamo i migliori, ma di tanto in tanto pure ai migliori capita di sbagliare. In redazione arriva talmente tanto materiale che spesso alcuni dischi vengono messi “in coda” per mere questioni pratiche e capita di recensirli tempo dopo. Nessuno rimane da parte ma, come nel caso dei Valdaudr, può capitare che prendano un po’ di polvere. Facciamo mea culpa ma è ora di parlare di metallo, quello nero per l’esattezza, e questi figli del diavolo norvegesi possono elargirne a palate. Formati nel 2018 da una costola dei Cobolt 60 ma anche da ex membri di Blood Red Throne, Trioxin e Goatlord, i Valdaudr sono l’essenza del black metal più classico possibile, basilare e a tratti primordiale, che però non mette mai da parte la melodia. Tutto merito di due musicisti con le palle quadrate, che devono aver stretto un patto con il diavolo per scrivere un platter simile. Certo, se si cerca il disco epocale questo lavoro non fa per voi, e se cercate orpelli sofisticati statene tranquillamente alla larga perché l’educazione e la finezza qui non sono di casa; ma se siete avvezzi a sonorità glaciali, bastarde e sataniche, pregne di depressione e negatività, “Drapsdalen” è la vostra pillola per il mal di testa, il bicchiere di birra gelata nella giornata afosa, insomma, il classico toccasana che vi regalerà quaranta minuti circa all’insegna di riff delinquenti, urla demoniache e limiti di velocità superati da processo per direttissima.
Il duo norvegese pone in essere una ricetta collaudata, che fa sempre la sua sporca figura in un contesto come questo: grandi riff mai scontati, che spaziano dal black più canonico al thrash ottantiano, vicino per certi versi ai primissimi Megadeth e ai Metallica di “Kill ‘Em All”, ma anche spolverate di Mayhem, Darkthrone e tutta l’allegra e bizzarra compagnia. Scorrendo i pezzi incontreremo una varietà di stili che hanno reso culto il nostro genere preferito, e se “Trass Og Vrede” parte da sonorità tipicamente black per sfociare nel thrash metal della bay area, “Den Evige lld” ci ricorda che pure i Megadeth a modo loro hanno influenzato i generi più estremi, e infatti il riff iniziale sembra uscito da “Killing Is My Business” ma con un arrangiamento più hardcore, per poi rallentare in un ritornello epico e arioso, con clean vocals evocative che fanno sterzare il brano su altri lidi. La title track è un tipico esempio di black metal oscuro e drammatico, grazie al suo incedere che unisce sferzate di blast e vocals eseguite da Lucifero in persona, mentre la conclusiva “Kom, Bestig Vaare Fjell”, probabilmente il miglior pezzo del disco, è un classico esempio di black metal norvegese che strizza l’occhio a quanto di più epico ci sia, grazie alle vocals che ancora una volta si rendono protagoniste, con una buona alternanza tra classico scream e cantato pulito, riff imponenti, intermezzi acustici e chi più ne ha più ne metta.
Un altro punto di forza di “Drapsdalen” è che non vengono mai utilizzati modernismi per gonfiare il suono e gli arrangiamenti infatti risultano scarni ma potenti, ruvidi ma non fastidiosi, in una trasposizione di quello che fu agli inizi della second wave, conservando quell’attitudine. La produzione è compatta, robusta, con la voce leggermente in primo piano a fare il bello e il cattivo tempo, e le chitarre che hanno il necessario impatto, senza coprire basso e batteria, risultando un vero e proprio valore aggiunto. Fosse uscito vent’anni fa questo disco sarebbe passato in rassegna come un classico lavoro di genere, senza lasciare strascichi di particolare entusiasmo. Oggi invece ci ritroviamo ad ascoltarne ogni singola nota, apprezzandone la semplicità e la fierezza, fremendo per un sequel che sappiamo già sarà devastante. Minimale e a suo modo seminale.