Ormai è più che assodato che la maggior parte dei musicisti facenti parte della corrente più underground del raw black metal abbia oltre ottocentomila progetti all’attivo. È il caso anche di tale The Seer, artista australiano che, oltre che nei qui presenti Lament In Winter’s Night, suona in una miriade di altre band, nelle quali per la maggior parte delle volte fa tutto da solo. Per quanto mi riguarda, vi consiglio assolutamente di andare a recuperare il suo progetto dungeon synth Vrörsaath, autore di un autentico gioiello nero che risponde al nome di “Moonlight’s Wrath”. La parte peggiore di lavorare su così tanti progetti è quella di rischiare di commettere dei passi falsi, ed è quello che a mio parere traspare da questo “At The Gates Of Eternal Storm” (diciamo che anche il titolo non brilla certo per la fantasia), uscito nel 2020 e ristampato quest’anno dalla Hells Headbangers Records. Lungi da me dire che questo sia un brutto disco. Semplicemente, secondo me, non trasmette quasi nulla e sa davvero di poco. Ok, è raw black metal, quindi non è che bisogna aspettarsi chissà che.
Il problema è che ormai sembra che per suonare questo genere sia sufficiente registrare da schifo, urlare nel microfono e tanto basti. No, non funziona proprio così. Proprio perché è un genere così derivativo deve puntare su altre cose, che qui mancano. Manca il feeling nero, manca il senso di soffocamento, manca quella sensazione di oscurità totale che solo questo modo di intendere il black metal ti sa dare. Ripeto, non è un album da buttare. Qua è la si trovano degli spunti notevoli ma è tutto troppo scolastico e monotono, come se il buon The Seer si fosse limitato a fare il compitino per avere il sei in pagella. La durata dei brani poi (in media otto minuti) non aiuta di certo un disco che praticamente non decolla mai e che in alcuni frangenti risulta prolisso e addirittura noioso.
Sa proprio di occasione sprecata, come qualcosa che, se fosse stato trattato con più cura, avrebbe dato frutti sicuramente migliori. C’è poco da fare. Definire saturo il mercato del raw black metal non rende bene l’idea. Troppe bands, troppi progetti, troppa carne al fuoco, che spesso risulta indigesta. Laments In Winter’s Night è l’ennesimo progetto che rischia seriamente di passare inosservato. Lo consiglio solo ai super irriducibili che non vogliono farsi mancare nulla. Agli altri dico che non vi perdete granché. Che ci crediate o no, la traccia migliore del disco è l’outro “Dreams Of Those Passing Nights”, un pezzo bellissimo di pianoforte nel quale The Seer mostra il suo talento (come nei già citati Vrörsaath) quando si mette dietro ad una tastiera. Cosa questa che mi fa incazzare ancora di più, perché il ragazzo ci sa fare. Per stavolta sufficienza stiracchiata, perché comunque è un album che si lascia ascoltare. Per il resto, sarà per la prossima volta. Forse.