Vi piace il black metal atmosferico dal piglio dolente e malinconico che tuttavia non rinuncia ad una certa dose di aggressività? Se la risposta a questa domanda è affermativa allora dovreste dare un ascolto a questo “Roaring Thunder Of Days Long Passed”, album d’esordio degli austriaci Schauer, che esce sotto l’egida della connazionale Kvlt Und Kaos Productions, perché qui troverete pane per i vostri denti, pur con tutti i difetti che si possono ravvisare in un’opera prima. Ma andiamo con ordine. Gli Schauer sono un duo formato da Kilian Bauer (basso/voce) e Michael Seedoch (chitarre/sintetizzatore/batteria), ragazzi che evidentemente sono cresciuti a pane Caladan Brood, Woods Of Desolation, Burzum e Summoning, considerato che le influenze provenienti dai gruppi appena citati sono particolarmente evidenti in questo disco, che i nostri amici definiscono come “un viaggio metafisico attraverso la mente umana con cinque canzoni che incanalano la pura energia cosmica di madre natura stessa”.
E dobbiamo dire che i classici luoghi comuni del black metal atmosferico ci sono tutti, senza che ciò rappresenti una critica perché, al contrario, è proprio il punto di forza dell’album: passaggi cadenzati, squarci dal sapore epicheggiante, momenti dilatati grazie al buon utilizzo delle tastiere, fino a sfociare nell’ambient puro e “cosmico” di “Pale Stars To Observe Our Loneliness”, giustamente posta come ideale spartiacque a metà della tracklist. Non mancano in realtà le sfuriate più aggressive e tipicamente black “anni novanta” che danno sfogo al lato più ruvido della musica dell’ensemble austriaco: piccole concessioni alla furia espressiva, disseminate nel corso del disco, che tradiscono una certa ingenuità compositiva (ovviamente anche apprezzabile, da un certo punto di vista) ma che non raggiungono, a mio avviso, il necessario amalgama con l’andamento generale dell’album e, nel contesto, rappresentano forse la parte più debole del lavoro.
Un peccato veniale, certamente, così come la produzione decisamente acerba (ma, anche in questo caso, potrebbe esserne apprezzata l’essenza underground più ruspante) e l’uso di clean vocals davvero sgraziate che fanno capolino nella parte finale di “In the Frail Arms Of Foreign Ground”, laddove invece avrebbero dovuto assumere una forma molto più corale e magniloquente per completare una canzone comunque abbastanza riuscita. Al netto di queste (limitate) annotazioni critiche, bisogna sottolineare come in questo disco ci siano però molti spunti d’interesse e basterebbe ascoltare pezzi come la title track o la conclusiva “Be Still This Animal Spirit” per rendersene conto. Smussando qualche eccessiva spigolosità della loro proposta e levigando le loro potenzialità di scrittura, sono sicuro che gli Schauer abbiano tutte le carte in tavola per dire la loro in un panorama decisamente affollato come quello della scena atmospheric black, che negli ultimi anni ci ha comunque regalato band di indubbio valore.