Come un anacronistico antenato con la clava, ritornano nel 2022 i tedeschi Pestlegion per festeggiare a modo loro il decennale della loro fondazione. Il combo di Marl, più incazzato che mai, pone un importante tassello con questo “Sathanas Grand Victoria”, secondo album dopo il buon esordio del 2017 “Dominus Profundum”, ricordandoci che croci rovesciate, face painting e fotografie nelle foreste non passeranno mai di moda. Quaranta minuti di true black metal satanico che ci viene sbattuto in faccia con rabbia ma tanta perizia e mestiere, ecco cos’è il nuovo disco dei Pestlegion, tra sfuriate di blast, mid tempos claustrofobici e inni epici dedicati al maligno. Nulla è fuori posto anche se ciò che più sorprende è in primis una produzione davvero pulita, che rende giustizia alla prestazione sopra le righe di tutta la band, a partire da quella piovra di Daementhor dietro le pelli, passando per un guitar work devastante sino alla prova vocale, che potrebbe dividere in quanto la raucedine cronica di B. rischia di infastidire i palati più sofisticati, ma è un dettaglio al quale ci si abitua durante il passare dei minuti e che, con l’ascolto, diviene un marchio di fabbrica della band.
Poche sono le parole che possiamo spendere per definire ciò che aspetta l’ascoltatore perché chi ama un certo tipo di black metal consumerà questo disco. Ciò che emerge è la maniacalità con la quale il lavoro, nostalgico non nella forma ma nel contenuto, è stato concepito; la violenza estrema, la furia cieca, l’attitudine blasfema sono rimaste intatte e seguono la seconda ondata degli anni novanta, solo la proposta ha subito una modifica per essere adeguata ai giorni nostri.
Se pensiamo a chitarre zanzarose deboli come un sibilo, batterie impercettibili e voci dall’oltretomba stiamo sbagliando di grosso; qui le chitarre sono potenti, pur basandosi prevalentemente sui classici riff in tremolo, la batteria tribale e corposa, con pezzi epici e solenni come l’opener “We Deny Thy Name”, “The Portal” o l’incredibile title track, dove spicca un guitar work fuori dal comune con il più bel solo di tutto il disco. Se non bastasse, mazzate come “Adjuration Of The Elder Gods” o “Into The Golden Valley” sono la prova che si possono scrivere pezzi dalla velocità ultraterrena senza perdere mai di vista il valore compositivo, con qualche rallentamento, aperture melodiche e molta tecnica.
“Sathanas Grand Victoria” è obiettivamente un gran disco, al di là dei gusti personali, nonostante il suo essere derivativo in maniera ossessiva, come un tributo ai mostri sacri di un genere in cui praticamente tutto è già stato detto da oltre vent’anni. Per il piacere di grandi e piccini, i Pestlegion sono tornati e portano l’inferno con loro.