Non vi stancate e non vi stancherete mai di ascoltare e riascoltare i vecchi classici di Darkthrone, Gorgoroth, Veles e Vlad Tepes? Per voi il black metal esiste ed esisterà sempre e solo nella sua forma più grezza, dura, pura ed incontaminata? La combinazione tremolo zanzaroso più blast beats continua a procurarvi plurime erezioni (uditive)? Siete fermamente convinti che gli strumenti sufficienti per una registrazione efficace siano un microfono rotto e un due tracce analogico? Se la vostra risposta a tutte queste domande è affermativa allora l’accoppiata tra Cile, paese che vanta una scena raw black metal meno numerosa soltanto di quella lusitana (credo), e l’integerrima Inferna Profundus Records, etichetta che ha fatto dell’ortodossia true la propria ragione di esistere, non potrà deludervi sotto nessun aspetto, così come non potrà deludervi questo “Buried Under The Carved Runes”, full length d’esordio del progetto solista (cileno appunto) Lord Valtgryftåke, personaggio che definire iperattivo sarebbe un pallido eufemismo, impegnato in decine di gruppi, tutti gravitanti nell’universo raw con piccole deviazioni in territori ambient e dungeon synth, alcuni dei quali già ospitati sulle nostre pagine virtuali, come Winterstorm, Ründgard e Old Castles.
Credo davvero che non sia necessario spendere molte parole per descrivere un disco del genere, che tradisce la sua essenza fin dalla classicissima copertina e che suona in tutto e per tutto come una vecchia demo di venticinque anni fa perché così vuole essere, senza concessioni di sorta. L’unica precisazione da fare riguarda la produzione, che è ovviamente grezzissima, marcia e piena di riverberi ma non raggiunge il livello “spazzatura inascoltabile” (grazie a Satana o Odino o Quetzalcoatl, fate voi), il che ci consente di sentire, e non di immaginare, gli strumenti e lo screaming acuto e ruvido ma anche di apprezzare alcune sfumature comunque presenti pur in un contesto assolutamente monolitico.
Si passa infatti dal canonico gelo norvegese alle misteriose atmosfere del black metal polacco di metà anni novanta, con alcuni brevi intermezzi acustici, qualche melodia qua e là, e un occhio di riguardo al marciume francese che ebbe nelle Black Legions la sua espressione più rappresentativa. E insomma, dopo l’ascolto la sensazione incredibilmente non è negativa, anche perché i pezzi sono brevi e ficcanti e svolgono a dovere il loro sporco lavoro (cito ad esempio l’opener “Nocturnal Hate” o “March For Eternity”). Sarà revival old school pressoché fine a sé stesso e prevedibile in ogni nota ma questo dischetto, e più in generale il filone a cui appartiene, conserva un certo fascino, come una ex fidanzata che si rivede dopo anni e con la quale si passerebbe ancora volentieri una notte di passione, anche solo per celebrare i bei vecchi tempi. Anzi direi che se siete stati folgorati da questa robaccia in età adolescenziale un ascolto è senz’altro consigliato.