Kjartan Steingrimm Øvrehus è un ragazzone norvegese a cui piace suonare metal. Scrive, canta, suona chitarra, basso, batteria e pure qualche strumento tradizionale come armonica e fisarmonica. Solitamente in combutta con l’amico Satan, al secolo Espen Myklebust, spazia dall’heavy metal epico e tamarro in stile Manowar con i Death Crusader al folk low-fi con i Framtak, dal viking con i Gnipaheller al thrash con gli IronFister e al black metal più oltranzista e tradizionale con i qui presenti Vörðr. Per l’occasione Kjartan musicalmente fa tutto da solo, lasciandosi coadiuvare dalla danese Valr Kjósa per i testi e il songwriting. I minimi comuni denominatori delle sue produzioni sono una qualità complessiva sempre ben oltre la sufficienza, uno spiccato orecchio per le melodie e un’attitudine fieramente underground e do it yourself. La musica dei Vörðr (la guardia in islandese) affonda a piene mani nella tradizione del metallo nero della sua terra natìa, con gli imprescindibili Darkthrone come riferimento principale, senza dimenticare i figli bastardi di Fenriz, ovvero Isengard e Storm.
Ci troviamo di fronte quindi al classico muro di chitarre zanzarose, punteggiate da linee di basso discretamente interessanti e da una batteria che fa un ottimo lavoro per cambiare tempi e ritmi, comunque legati a cadenzati tempi medi, accelerazioni in blast beats e cavalcate in doppia cassa. Anche la voce di Kjartan cita inevitabilmente quella di Nocturno Culto, con uno scream basso, rauco, quasi parlato, che va a costituire uno strumento ulteriore, capace com’è di creare un tappeto sonoro quasi a sé stante, esaltato da quell’irresistibile fascino delle lingue nordiche che sembrano nate apposta per questo genere musicale. A livello lirico siamo dalle parti del classico anticristianesimo ed esaltazione del folklore scandinavo, come da classico pagano retaggio, con un occhio ad evitare il cliché satanista. Le tracce che spiccano maggiormente, in un album compatto e scevro di particolari cali di tensione o picchi di eccellenza, sono “Nordens Land”, con il suo coinvolgente andamento e caratterizzato da uno dei riff migliori del disco, le cadenzate “Blodsbånd”, “Presten Og Helvetesgampen” e “Valkyriens Hevn”, tutte contraddistinte da efficaci melodie di fondo, e la conclusiva “Kringsatt”, che va a chiudere il tutto con una bella sfuriata in blast beat. Black metal già sentito, sicuramente derivativo e forse anche poco ambizioso, ma solido, incontaminato e sincero. Di questi tempi non è poco.