Ci eravamo occupati della creatura Chaos Luciferi in occasione della pubblicazione dell’ep “Oscurità Dalla Laguna Vol. I”, uscito circa un anno fa. Da allora la one man band veneziana, dietro la quale si cela l’omonimo polistrumentista e mastermind, non si è fermata un attimo e ha dato alle stampe ben altri due ep, uno split in compagnia dei depressive black metallers Beyond Melancholy e l’album di debutto “Dungeon Lagoon”, quest’ultimo all’insegna del dungeon synth, stile musicale che in qualche modo si è sempre dimostrato confacente alla proposta di questo progetto solista, accanto al black metal più tradizionale, e che in parte possiamo ritrovare anche in quest’ultima fatica sulla lunga distanza. “Fa Che Noi Possiamo Vivere Ancora” è ufficialmente il secondo album di Chaos Luciferi e questa volta si viaggia nel recinto di un black metal classico, contaminato da qualche tentazione melodica, da un piglio decisamente atmosferico spesso in primo piano e da una straziante malinconia di fondo, molto più evidente rispetto al passato, tanto che in alcuni momenti potremmo accostare questo disco a territori vicini al black di stampo depressivo, senza però rientrare a pieno titolo in questo sottogenere.
L’apparato lirico è sempre incentrato su antiche leggende e racconti popolari legati alla laguna veneziana, che con le sue nebbie e la sua atmosfera autunnale e romantica si presta a fare da misterioso e ideale sfondo alla musica del nostro amico, intrisa di ombre che si muovono furtive tra calli e campielli al chiaro di luna e caratterizzata da un’attitudine “do it yourself” che ne rappresenta l’anima e l’essenza fondamentale, dalla composizione alla resa sonora finale, che mantiene la necessaria sporcizia e risulta adatta alla proposta musicale, mantenendo intatto il fascino lugubre e cimiteriale di alcuni passaggi. I brani sono tutti piuttosto lunghi ed articolati anche se mantengono inalterata una struttura abbastanza semplice ed intrecci chitarristici lineari, accompagnati da uno screaming classicamente lacerante e con un tocco disperato, che raggiungono con immediatezza il coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore, tra arpeggi malinconici e sognanti e momenti di ferocia sempre contaminata da una nera mestizia e da un piglio dolente che rappresentano un po’ il marchio di fabbrica di questa uscita. Queste sono le caratteristiche di fondo di un album sostanzialmente genuino, che non pretende di riscrivere la storia del genere ma che mantiene le proprie promesse, muovendosi all’interno di un confine ben noto, con influenze che (potremmo dire, per accostare la musica di questo progetto a quella di realtà più conosciute) vanno dai vecchi Manes ad alcune cose di Nargaroth ma che in realtà abbracciano in pieno tutto il filone di certo black metal che punta sull’atmosfera ma resta solidamente piantato su pilastri tradizionali e risulta famigliare all’ascolto ma non per questo meno efficace. Inutile citare una canzone o un’altra perché, come suggeriscono i titoli stessi, sono tutte parte dello stesso viaggio musicale e il lavoro va ascoltato nella sua interezza, come se si trattasse di una sola canzone divisa in vari capitoli.
Cito soltanto la conclusiva “Atto V”, episodio interamente dungeon synth, che si ricollega all’album precedente e rappresenta forse l’unico pezzo dove un flebile raggio di luce sembra farsi largo tra l’oscurità più nera; una modalità espressiva già adottata in passato e che potrebbe rappresentare una diversa via comunicativa anche per uscite future. In definitiva questo “Fa Che Noi Possiamo Vivere Ancora” è un buon album underground, di genere in tutto e per tutto, che conferma lo status di questo progetto solista che tutto sommato si è affacciato da poco su una scena sempre più affollata ma che sembra avere qualcosa da dire pur senza ricercare un’esasperata originalità. Ascolto consigliato, specialmente se amata il black metal nelle sue declinazioni più atmosferiche.