Classica data da segnare in rosso sul calendario per uno degli appuntamenti di punta della programmazione estrema nella capitale slovena. Il “Crepuscule Europa Spring Tour MMXXIII” fa tappa all’iconico Orto Bar di Lubiana e per l’occasione si prevede il sold out nel piccolo club sloveno, che richiama i sostenitori del metallo anche dalle vicine Italia e Croazia, in un crocevia di discepoli venuti alla messa puntuali e ordinati nei loro outfit neri e borchiati. Così com’è puntuale l’oscurarsi del cielo e l’incedere di una pioggia che ci accompagnerà per tutto il tragitto, perfettamente a tema per una serata black metal con i fiocchi. La curiosità è tanta, soprattutto per gli Afsky, in quanto gli Uada hanno fatto visita da queste parti in occasione dell’ultima giornata del Metaldays di quest’anno, anche se c’è un nuovo album in arrivo. Ed effettivamente il locale è pieno di metallari cattivi e bagnati dalla pioggia, giusta punizione dell’Altissimo per noi anime peccatrici. Il banchetto del merchandise è pieno di long sleeve, t-shirts, cd, adesivi e quant’altro, visto che siamo appena alla terza data del tour, per la gioia delle nostre già vuote tasche, ma poco importa perché il tempo stringe e gli Afsky sono già sul palco, pronti a travolgerci con il loro black metal classico e old school, impreziosito da sfumature depressive e melodiche.
Il combo danese sembra credere nel nuovo full length “Om Hundrede År”, fresco di stampa via Vendetta Records, tanto da riproporlo nella sua interezza, senza una minima pausa e senza interazioni con il pubblico, giusto per ribadire il loro spirito true. Avvolti dal fumo, i quattro capitanati da Ole Pedersen Luk ce la mettono tutta ma capiamo subito che questa non sarà una data memorabile dal punto di vista dei suoni.
L’acustica, di certo non agevolata dalla struttura del locale, è davvero pessima, con volumi eccessivamente alti, al limite del fastidioso, e il suono che rimbalza letale tra le pareti. Proviamo a metterci sotto il palco ma poco cambia, e forse solo nelle retrovie si riesce ad avere un minimo di comprensione dei pezzi suonati. Tuttavia agli Afsky, e alla gran parte dei presenti, sembra importare poco e la band si dimostra coesa e determinata a sfruttare quest’occasione per raggiungere più fans possibili. E in effetti il loro metallo nero ortodosso coinvolge, grazie alla violenza che non lesina melodie decadenti e drammatiche, trasportandoci in un’atmosfera deprimente che non cade nello stantìo. Ed è merito pure del nuovo platter, con il suo riffing ossessivo e ipnotico, spezzato da inserti acustici che la band riproduce senza ausilio di synth, riuscendo nella difficile impresa, con suoni così disturbati, di risultare il più fedele possibile al disco (come nella drammatica “Tak For Alt” o nella conclusiva “Fred Være Med Støvet”, davvero ben interpretata) senza annoiare il pubblico, vista la pesantezza della proposta.
Bravi gli Afsky, ma la maggioranza dei presenti è qui per la band americana che, al pari di MisÞyrming e Gaerea, rappresenta una delle next big thing del panorama estremo mondiale. Quest’ultima trance del tour di supporto all’ultimo “Djinn” risulta un ponte verso quello che sarà il nuovo lavoro, che dovrebbe vedere le tenebre tra non molto, e ci fa intuire dal backdrop presente sul palco quale sarà il tema della futura cover.
Il cambio stage tra le due band è tutt’altro che rapido per problemi all’impianto di illuminazione, ma poco importa perché, all’abbassarsi delle luci in sala, la partenza dell’intro dell’ultimo album attacca in tutta la sua magnificenza e ci fa dimenticare l’attesa. I suoni si confermano orribili anche se il tutto è più comprensibile, complice il genere diverso e l’esperienza ormai maturata dagli Uada negli ultimi anni sui palchi di tutto il mondo.
La band di Portland ci sbatte in faccia una setlist non eccessivamente lunga, che va a pescare dai loro tre dischi in maniera adeguata, regalandoci pure l’inedito “Retraversing The Void”, che sarà presumibilmente presente sul prossimo album e che nella sua potente violenza presenta belle melodie fortemente debitrici all’heavy d’annata. Anche se fortemente penalizzato dai suoni il concerto è stato piacevole e ha confermato gli Uada tra i futuri detentori dello scettro del metallo nero, mentre gli Afsky non sono più una promessa ma una valida realtà e, come da consuetudine, mentre noi ci avviamo sotto le intemperie, i più furbi rimangono al riparo acquistando merchandise o continuando a dilatarsi lo stomaco con sano luppolo. Andate in pace.