Alex Poole è ormai un veterano della scena più nera degli States e, come tale, non riesce a stare fermo per molto tempo, registrando, tra un progetto e l’altro, dischi di sempre discreta fattura. Dopo aver dato alla luce in questi ultimi anni ai nuovi lavori di Skáphe, Ringarë e Ars Hmu, giunge il momento di tirare fuori dal cilindro il secondo disco degli Häxanu, altra band in condivisione con il fido L.C. alle vocals, nella quale esprime le sfumature atmosferiche di un sound comunque legato al black metal più classico. A tre anni dal debutto, il duo americano in questo nuovo “Totenpass” crea la logica continuazione del predecessore, con pochissime sorprese, cosa che per i puristi non dovrebbe costituire un deterrente, anzi. Se poi prendiamo come biglietto da visita l’ilare cover, sulla quale alcuni cadaveri festeggiano un allegro barbecue mentre i pipistrelli svolazzano intorno alle loro teste pelate, l’atmosfera black metal appropriata è ben servita. A proposito di atmosfera, l’intro acustica risveglia sentimenti di nostalgia per gli anni novanta che mettono l’ascoltatore nel giusto stato d’animo, anche se il rumore del mare in sottofondo si distacca dai canonici temi montanari cari al black metal nordeuropeo. Il tempo di ambientarsi in questo clima dalle rimembranze mediterranee che l’ascoltatore viene rapidamente strappato dai suoi sogni romantici e sputato nel mezzo di uno spietato vortice di magia nera e furia demoniaca con l’ottima “Death Euphoria”, vero apice del disco, con un riff vorticoso e circolare e un adattamento vocale lancinante.
Se il detto “il buongiorno si vede dal mattino” può avere alcune volte riscontro, in questo caso calano subito le tenebre perché il disco da qui in poi risulta una sorta di copia incolla di sé stesso, tanto da poter stancare perfino il più ortodosso sostenitore del black metal della seconda ondata in salsa atmosferica. La doppietta costituita da “Thriambus” e “Threnoidia”, che dovrebbe essere il cuore del lavoro, risulta un tentativo di tirare per le lunghe brani che, se fossero durati la metà del tempo, avrebbero vissuto di tutt’altra sorte. Infatti la band dà il meglio nei pezzi più brevi e compatti, come “Ephòdion”, o la title track che, pur avendo una durata maggiore, chiude degnamente il disco con una marcia oscura tra scheletri danzanti. Quindi, se da un lato alcune composizioni riescono a illuminarsi come carne alla brace, dall’altro emerge una sorta di voglia di strafare, con brani articolati e pur interessanti nella stesura ma che spesso risultano prolissi e eccessivamente ridondanti.
Interessanti invece le vocals ululate, coerenti con la proposta atmosferica sottolineata dai synth in sottofondo, mai invadenti ma costanti, che vanno a cozzare con il suono delle chitarre, affievolendolo e rendendolo meno incisivo. Il black metal, come sappiamo, è sempre molto simile a sé stesso: “Totenpass” è ben suonato, prodotto dignitosamente e ha una manciata di buoni pezzi ma, tolta l’opener, nessuno è realmente memorabile pertanto, al netto dell’euforia del primo ascolto, del grande lavoro del drummer che alimenta la varietà e delle buone vocals, rimane forse poco per far sì che possa essere riascoltato con piacere a distanza di tempo. Trascinato.