Pyreficativm è l’ennesimo progetto partorito dalla mente di Lord Valtgryftåke, che qui utilizza lo pseudonimo ancor più misterioso di Melek Rsh Nvth IX, personaggio a dir poco iperattivo, di cui abbiamo già avuto occasione di occuparci sulle nostre pagine virtuali. Rispetto alle innumerevoli altre realtà nelle quali è a vario titolo coinvolto, per la maggior parte dedite ad un raw black metal decisamente tradizionale, benché declinato con diverse sfumature e da varie prospettive, in questo caso il nostro amico cileno adotta un approccio più vicino a sonorità funeral/doom, che si mescolano con il black metal e con sprazzi dark ambient per un risultato finale dal sapore ritualistico. Approccio evidente in questo “Oneiron”, quinta fatica sulla lunga distanza del progetto Pyreficativm, che si presenta fin dal primo ascolto come un disco programmaticamente criptico, che punta tutto (o quasi) su un’ostentata inaccessibilità musicale e su uno spinto esoterismo concettuale; elementi che collocano immediatamente un lavoro nel calderone del “così è se vi pare” e del “solo gli eletti possono capire tutto ciò”, quando non rischiano di travestire una certa carenza di idee con il bel manto dell’ortodossia black metal.
Non storco il naso a priori perché in effetti qualche spunto interessante c’è, anche se tutto si riduce alle ormai classiche note strascicate in stile Nortt o Evoken, accompagnate dai rintocchi cadenzati della batteria (che solo rarissimamente si lascia andare a qualche momento più accelerato), da uno screaming spettrale, lontano e agonizzante, e da inquietanti intrusioni ambientali, che comunque svolgono in maniera egregia il loro compito quasi esclusivamente di cornice e sottofondo. Ed è davvero tutto qui perché le canzoni sono sostanzialmente indistinguibili l’una dall’altra, prive come sono di qualsiasi struttura o appiglio ritmico che possa permettere di diversificarle almeno in parte, fatta eccezione per “Supplications”, episodio interamente ambientale che ho abbastanza gradito.
“Oneiron” non è nient’altro che un lentissimo e inesorabile gorgo che, nelle giuste condizioni, potrebbe anche coinvolgervi e trascinarvi in qualche viaggio allucinato o, viceversa, risultare pesante e indigeribile come la proverbiale peperonata a colazione. Oggettivamente bisogna dire che lavori come questo hanno da tempo perso la carica sperimentale che potevano avere una ventina di anni fa perché ormai si tratta di un sottogenere codificato e assolutamente immutabile e quindi ci vorrebbe qualcosa in più per renderli quanto meno interessanti. A mio sommesso giudizio sarebbe preferibile tenere maggiormente a bada l’impulso creativo e privilegiare la qualità rispetto alla quantità.