A due anni di distanza dalla pubblicazione dell’ep di debutto “L’ Feu E La Stria”, tornano in pista i piemontesi Lum, duo formato da S. e Khrura Abro, personaggi già attivi in diverse altre realtà underground, con un album che di quell’ep rappresenta la naturale e prevedibile prosecuzione. Questo “Lunaria – I Racconti Del Falò” ripercorre infatti piuttosto fedelmente il sentiero tracciato dal suo predecessore, sia dal punto di vista prettamente musicale che sotto il profilo concettuale e iconografico, smussando però leggermente alcune spigolosità del sound, arricchito in questo caso da alcuni accorgimenti e reso più corposo, ma restando in sostanza ancorato ad un approccio fondamentalmente raw e primitivo, che fa della linearità e dell’immediatezza compositiva ed esecutiva i suoi indiscutibili tratti salienti, evidenziati anche dalla durata complessiva piuttosto contenuta del platter. Quello che ci propongono i nostri amici è un black metal vecchio stampo, chiaramente debitore della tradizione (non solo ma soprattutto norvegese) di metà anni novanta, che paga senza troppi patemi il proprio debito a realtà come Ulver e primi Negură Bunget ma riesce a mantenere una propria specificità di fondo, sia aprendosi a influenze folkeggianti, che costellano in pratica tutti i brani ed anzi rappresentano la cifra stilistica essenziale dell’album nel suo insieme, sia attraverso l’uso della lingua italiana, che non costituisce di per sé una novità ma trova una propria collocazione ideale nel contesto generale grazie anche ad un’interpretazione vocale molto ruvida e nervosa.
L’elemento black e quello che vira verso sonorità più vicine al folk sono amalgamati tra di loro in maniera abbastanza naturale e lo dimostrano brani senza sbavature e ben concepiti come “La Stirpe Del Bosco”, “Figli Del Crepuscolo” o la conclusiva “La Montagna Dentro”, che riescono efficacemente a coinvolgere l’ascoltatore nel quadro emotivo che il disco intende dipingere. Un altro tratto distintivo, che balza all’orecchio fin dal primo ascolto, è una certa preponderanza del basso, strumento normalmente piuttosto negletto in ambito black, che in questo caso invece è costantemente in primo piano, il che rende il suono finale a mio giudizio meglio bilanciato, più pieno e profondo ed anzi risulta fondamentale nell’amplificare la ruvidezza dell’approccio sonoro senza lasciare tutto sulle spalle delle chitarre, come avviene di solito.
Intelligente è pure l’utilizzo delle tastiere, protagoniste assolute dei due episodi più vicini al dungeon synth (ovvero l’intro “Orch” e l’intermezzo “La Notte Cavalca”) e che per il resto sottolineano a dovere alcuni passaggi senza risultare mai troppo invadenti, così come i ricami flautistici, opera di Dora Chiodini che possiamo apprezzare in alcuni frangenti: ecco, questi sono gli accorgimenti di cui parlavo in precedenza, che in linea di principio distinguono un disco raffazzonato e creato con la sempreverde tecnica del copia-incolla (ovvero la stragrande maggioranza di quelli che vengono prodotti da una scena underground ormai incredibilmente inflazionata) da un lavoro più curato e pensato, e che nel caso di questo album si dimostrano peculiari per veicolare qualche momento più melodico e per dare corpo ad un’atmosfera che passa dal tragico al fiabesco nell’arco di qualche minuto. In definitiva possiamo dire che questo “Lunaria – I Racconti Del Falò” è un buon album, che merita sicuramente le attenzioni dei cultori della scena black nostrana e consente ai Lum di ritagliarsi con dignità il loro piccolo spazio di qualità all’interno di questa scena: la giusta colonna sonora per una serata in qualche bosco piemontese, passata davanti al fuoco a raccontarsi vecchie storie e leggende di streghe e fantasmi.