I, Destroyer – Cold, Dead Hands

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Una chimera mostruosa e amorfa, potente e violenta, relegata e incatenata nei meandri più bui e sporchi, lontana da ogni luce e attenzione. Potremmo descrivere così quello strano ibrido chiamato comunemente black/thrash metal che, sarà per la sua natura ibrida e/o per la sua primigenia rozzezza, è sempre rimasto fieramente relegato nell’underground, senza mai godere dei successi mediatici e commerciali che i generi “padri” hanno riscosso negli anni. Di band che cercano di unire la glaciale ferinità del metallo nero alla grezza energia del thrash (senza dimenticare una buona dose di speed, inteso come quello low-fi e minimale degli anni ottanta, non la versione edulcorata del power) ve n’è, invero, una cospicua quantità. Le zone di provenienza sono usualmente la Germania e il Sud America, oppure gli Stati Uniti ma con membri dalle chiare origini latine. È il caso degli I, Destroyer, band di stanza in Rhode Island, che vanta anche un membro femminile (al basso) in formazione, peculiarità molto frequente nelle band del Centro e Sud America.

Nati esattamente vent’anni fa, a seguito di una manciata di demo, gli I, Destroyer rilasciano questo corposo ep di sei tracce, risultato culminante di un percorso che ha attraversato anche diversi riferimenti di genere. La lunga gestazione ha partorito un eccellente compendio di metal estremo, declinato con le sfumature del nero, soprattutto nello sbarramento freddo e affilato delle chitarre, accoppiato ad una solida struttura di efficaci riff potenti e veloci, punteggiati da assoli dissonanti che ben si adattano al contesto. La batteria alterna consueti ritmi spaccacollo a classiche sfuriate in blast beats, conferendo così un dinamismo poco comune in produzioni analoghe. Le tracce filano tutte sempre dritte come un treno, non si perdono mai in orpelli inutili e raramente hanno battute d’arresto.

I pochi rallentamenti atmosferici sono ben calibrati ed hanno il compito di esaltare le preponderanti parti veloci. Il punto debole della band risiede purtroppo nelle vocals del leader Barbaroz, non tanto per il timbro in sé, quanto per le linee piuttosto piatte e monotone che tendono a perdersi dietro una parte strumentale di molto superiore. Non un difetto che faccia abbassare particolarmente il giudizio quanto piuttosto una critica, speriamo costruttiva. Nel caso infatti il buon Barbaroz riuscisse a migliorare questo aspetto, ci troveremmo di fronte ad una band ad altissimo potenziale. Citando la fenomenale “Speed Kills” come hit dell’album, non possiamo fare altro che promuovere a pieni voti il combo statunitense, attendendo con trepidazione che l’agognato debutto sulla lunga distanza possa confermare quanto di buono prodotto con queste fredde, morte mani.

REVIEW OVERVIEW
Voto
71 %
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i-destroyer-cold-dead-handsTRACKLIST <br> 1. Oracle; 2. Chained To The Accursed Graves; 3. Total Vengeance; 4. Prophecies Of Final War; 5. Speed Kills; 6. Strike <br> DURATA: 26 min. <br> ETICHETTA: Eternal Death <br> ANNO: 2023