Se siete alla ricerca di dischi raw black metal, di quelli luridissimi, per i quali non ha nemmeno senso parlare di produzione, allora andate tranquillamente a scavare nel sottobosco underground statunitense e, ovviamente, tenete sempre d’occhio le uscite targate Inferna Profundus Records, perché di sicuro con questa accoppiata le vostre aspettative non saranno deluse. È il caso di Virulent Specter, one man band della quale non si sa niente se non che con questo “Satanic Territorial Moloch” è giunta alla seconda fatica sulla lunga distanza, oltre alla consueta trafila di demo, split, compilation e chi più ne ha più ne metta, come da copione. Un disco concepito in questo modo, sporco, registrato in presa diretta, criptico, con suoni a tratti disturbanti anche per le orecchie più abituate ad ogni genere di nefandezza sonora e con l’immancabile candelabro in copertina (anche se poco visibile, per rendere il tutto ancora più “evil”) si descrive da sé fin, appunto, dalla copertina, e di certo dalla prima nota dell’opener “Usurping The Body”, che detta immediatamente le coordinate stilistiche di tutto il lavoro. Un lavoro all’insegna del black metal più ruvido e marcio, quello che nella prima metà degli anni novanta in Norvegia cominciò ad essere definito “true” e che ha mantenuto una sua vitalità sotterranea, senza modificare di una virgola il proprio approccio, attraversando negli ultimi trent’anni o giù di lì sentieri nascosti e giungendo pressoché immutato fino ai giorni nostri, per la gioia di grandi e piccini.
Naturalmente quello che prima era avanguardia e rottura rispetto agli schemi del passato, anche recente, oggi è una maniera di concepire e suonare il genere canonica e assolutamente codificata, che non può sorprendere nessuno che abbia anche solo distrattamente ascoltato qualche vecchio disco dei Darkthrone, dei Mütiilation, dei Vlad Tepes o simili, ed è esattamente in questa dimensione (chiamatela revival o tradizione, come preferite) che vanno collocati i Virulent Specter. È un bene? È un male? Ognuno lo deciderà legittimamente in base alla propria sensibilità e al proprio gusto. Questo è il tipico album raw e gracchiante, con tutte le cose raw e gracchianti al loro posto, compresi i due intermezzi dungeon/ambientali che rispondono al nome di “Seep Of Dead Regions”.
Quello che si può notare, sotto la coltre del sound cantinaro e zanzaroso, è un riffing particolarmente nervoso ed essenziale anche per gli standard del genere, tanto che a tratti sembra quasi sfiorare territori grind, ed un’impostazione altrettanto lineare ed elementare della batteria, che viaggia quasi sempre su velocità piuttosto sostenute. In tutta sincerità non sono ravvisabili elementi che possano distinguere in maniera netta questo disco dalle centinaia di altri collocabili nel medesimo filone e usciti in abbondanza anche solo negli ultimi anni ma è indubbio che canzoni come “Bloodstained Walls And Floorboards” o “ISEM” (forse il pezzo più “inascoltabile” del lotto) conservino un certo alone rituale e un fascino oscuro che fanno discretamente ciò che devono fare. Pur di gran lunga inferiori ai Lamp Of Murmuur e pure meno interessanti rispetto a realtà come Vampirska o Sanguine Relic, in sostanza i Virulent Specter si ritagliano il proprio posticino nelle umide catacombe della scena raw black metal a stelle e strisce, che comunque è una delle più sovraffollate, insieme a quella cilena e a quella portoghese. A voi la scelta.