Disturbante, delirante, criptico, estremo. Con queste quattro parole si potrebbe definire questo nuovo album (dalla durata piuttosto contenuta, forse più consona a quella di un ep) della creatura Vargr, dietro la quale si cela quel simpatico pazzoide che risponde al nome di Henrik Nordvargr Björkk, ampiamente conosciuto per il progetto MZ412 ma attivo anche con altre strambe realtà come Pouppée Fabrikk e Nordvargr, tutta roba difficilmente digeribile e assai rumorosa (nel senso letterale del termine). Ed anche in questa sua nuova fatica, che segue a distanza di oltre dieci anni il disco precedente e si presenta con una copertina opera dell’enigmatico Wagner Ödegärd, il nostro amico non si smentisce e ci rifila una fusione esasperante di dark industrial, noise e black metal, frullando il tutto in un bel beverone velenoso che piacerà a chi non teme di confrontarsi con esperimenti rumoristici alla Abruptum o simili (anche se qui la forma canzone più tradizionale è più o meno rispettata).
Le orecchie di costoro saranno piacevolmente torturate da suoni saturi al massimo e da un continuo sovraccarico di frequenze, con brani che oscillano come un pendolo impazzito tra le varie estremità di questo cupissimo recinto sonoro, facendo emergere in maniera più evidente l’elemento black oppure quello industrial/noise, il più delle volte mescolandoli insieme in un pastone osceno e indecifrabile. Le chitarre sono distorte all’inverosimile, lo screaming (già di per sé feroce) è ultra filtrato, ci sono suoni strani che si srotolano sotto e sopra, c’è addirittura qualche melodia (si fa per dire) e perfino inaspettati sprazzi di synth, che concedono qualche secondo di più ampio respiro prima che l’atmosfera torni inevitabilmente a farsi soffocante, come i raggi del sole che squarciano per alcuni istanti le nubi durante un violento temporale estivo.
È tutto molto meccanico e viscerale al tempo stesso, non saprei come spiegarlo in modo più chiaro. E insomma, un ascolto è consigliato, sempre che vogliate farvi del male (in senso positivo, s’intende). Comunque Satana è contento perché oltre ai chitarroni, alle voci demoniache, alle capre e alle foreste innevate, gli piace anche questa robaccia qui.