Ormai lo sappiamo bene, gli Stati Uniti sono diventati terra d’elezione per il black/death metal più feroce, blasfemo, primitivo e genuinamente vintage, quello che fino a qualche anno fa era quasi esclusivo appannaggio del Sud America (con ottimi piazzamenti di Canada e Finlandia), che comunque continua ancora a detenere lo scettro di questo genere di sonorità, prevedibili e scolastiche quanto si vuole ma sempre dotate di un fascino arcano e primordiale tanto da vantare uno zoccolo duro di sostenitori, forse più di qualunque altro filone del metal estremo, che sembra resistere indenne al trascorrere del tempo. Gli Abhorrency sono un trio di Sacramento, California, composto da membri ed ex membri di realtà underground locali come Defecrator e Killgasm, e questo “Climax Of Disgusting Impurities” è il loro album d’esordio, ristampato ora dalla sempre attiva e attenta Sentient Ruin Laboratories in formato vinile 12” dopo essere stato originariamente pubblicato lo scorso anno.
La musica dei nostri amici è una mistura bestiale di black e death metal nella loro accezione più grezza e regressiva, incorniciata dalla classica produzione sporca e polverosa, che in questo caso mantiene uno standard di decenza accettabile, scongiurando l’effetto pastone indecifrabile che spesso inficia lavori di questo tipo. Gli elementi sono quelli tradizionali: riffoni cavernosi alternati a dosi massicce di tremolo picking, blast beats come se piovesse, basso catacombale e vocals in growl che solo raramente sfociano in urla dalle tonalità più alte. Insomma tutto è al posto giusto e lo spettro di influenze va dai Conqueror agli Incantation, passando con naturalezza per Blasphemy e Archgoat, in un equilibrio tra parti tiratissime, mid tempos e soffocanti rallentamenti all’odor di zolfo che tiene desta l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la durata dell’album che opportunamente supera solo di poco la mezz’ora.
Gli Abhorrency tuttavia hanno alcuni assi nella manica e un certo gusto compositivo che consente loro di elevarsi al di sopra dello status di meri imitatori che rendono omaggio ai loro numi tutelari per raggiungere quello di validi artigiani del metallo: ad esempio il riffing a tratti si fa talmente spigoloso e furente da sfiorare territori grindcore oppure, all’opposto, vi sono alcuni sprazzi leggermente più melodici dal sapore classicamente heavy, molto limitati ma efficaci. Per il resto si viaggia su binari sicuri, compreso l’immaginario satanico da sagra del carciofo che tanto ci piace.
In definitiva “Climax Of Disgusting Impurities” è un album che non rivoluzionerà di certo la scena ma che risulta assolutamente godibile: canzoni come l’opener “Sledgehammer Profanation” e la furiosissima “Choked Upon The Pentagram”, o ancora la title track e la conclusiva ed autocelebrativa “Abhorrency” non potranno lasciare indifferenti i maniaci assetati di sangue che si cibano prevalentemente di questo genere di nefandezze sonore.