Tetragrammacide – Typho-Tantric Aphorisms From The Arachneophidian Qur’an

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Sarò sincero: sono sempre stato molto scettico sull’enorme hype creatosi attorno al debutto degli indiani Tetragrammacide “Primal Incinerators Of Moral Matrix”, uscito nel 2017; un album che a mio parere rappresentava alla perfezione un certo tipo di approccio pseudo-avanguardistico noioso, monotono e pretenzioso che negli ultimi anni è stato spacciato come il livello successivo verso cui spingere il filone war metal, lontano dalle sue primitive radici anni ottanta verso paesaggi sonori più astratti e reminiscenti di pilastri del moderno death metal “dissonante” come Portal e Ulcerate, spesso con risultati decisamente “né carne né pesce”. Sei anni dopo, però, qualcosa sembra essere cambiato: per quanto l’assurda tendenza della band allo pseudo-intellettualismo e alla supercazzola esoterica spinta (ravvisabile soprattutto nei loro titoli e testi, per non parlare delle spassose interviste!) resti tuttora intatta, la loro seconda fatica discografica “Typho-Tantric Aphorisms From The Arachneophidian Qur’an” (giuro che è l’ultima volta che copio-incollo questo titolo per intero) è un vasto, sorprendente passo avanti rispetto al suo predecessore. I membri dei Tetragrammacide sembrano essersi presi il loro tempo per correggere i difetti che rendevano il precedente un disco così monocorde e frustrante, aggiungendo più varietà e dinamismo al songwriting, e sviluppando ulteriormente le poche idee interessanti che erano già udibili su vecchie tracce come “The Prognosticators Of Trans-Yuggothian Meta-Reasoning”. Avevo già notato un generale miglioramento ascoltando il singolo rilasciato due mesi prima (no eh, non vi aspetterete mica che vada a copia-incollare quel titolo chilometrico?), ravvisando una ritrovata sensibilità nel sound della band tramite alcune meravigliose melodie in tremolo picking cariche di tensione, insieme a un approccio compositivo generalmente più curato da ogni punto di vista, e quando ho finalmente ascoltato l’intero disco mi è stato chiaro che tutte le mie speranze erano state esaudite. Questo nuovo lavoro vede i Tetragrammacide lasciarsi alle spalle ogni forzatura e stilema war metal per abbracciare pienamente la loro vera natura di band extreme metal sperimentale moderna, che è palesemente ciò che avevano sempre voluto essere in primo luogo. Niente più produzione nebbiosa, “zanzarosa” e dall’estetica low-fi (sostituita da un suono molto più nitido e “grasso”, che enfatizza molto di più le chitarre), e niente più riff war metal scolastici e generici che sembravano essere lì solo per rassicurare il pubblico delle radici “underground” della band, non aggiungendo nulla di interessante ma al contrario annacquando solamente la proposta.

Questo cambio di stile potrebbe attirare le ire di alcuni fans di vecchia data ma alla fine penso abbia rappresentato la decisione giusta: la band ha scelto un sentiero preciso e lo ha intrapreso con intenti molto più chiari rispetto ai lavori precedenti, risultando in brani scritti molto meglio. Il songwriting è nettamente superiore a quello del debutto, lasciandoci con l’impressione che i Tetragrammacide abbiano integrato una massiccia dose di dischi dei Morbid Angel (in particolare “Altars Of Madness”, “Covenant” e “Formulas Fatal To The Flesh”) nella loro dieta musicale. Se state cercando del war metal intransigente, meglio che cerchiate altrove: ci sono band meno conosciute e molto più ferrate nel genere in questione (chi ha detto Concrete Winds?). Per intenderci, questo non significa che i Tetragrammacide abbiano del tutto abbandonato la loro componente caotica e rumorista: quest’ultima è solo meglio integrata nel tessuto delle loro composizioni, suonando molto più dinamica e coinvolgente rispetto all’interminabile ronzio statico del disco precedente. Frenetici riff atonali in tipico stile “disso-death” continuano ad abbondare dappertutto, ma stavolta funzionano chiaramente come meri ingranaggi di un macchinario più imponente e complesso, con un maggior senso di dinamiche, costruzione e “tension-release” presente nelle canzoni: il riffing appare decisamente più strutturato, diversificato e sfaccettato, spaziando iperattivamente tra open strumming dissonante, semplici mazzate death metal e riff tremolo/arpeggiati sospesi a metà tra melodia e dissonanza, che rappresentano spesso il climax di ciascuna sezione (riuscendo finalmente a trasmettere quel feeling “esoterico” di cui la band si è sempre fregiata) e fungono da necessario contrasto o risoluzione delle parti più atonali; insomma, quei rudimenti basilari di songwriting extreme metal che mancavano su buona parte del primo disco. Ora, anziché vivacchiare su un feeling di asettica sospensione, queste canzoni suonano genuinamente “vive” e pulsanti, in grado di costruire la tensione appropriata per mantenerci coinvolti, come magistralmente dimostrato da tracce come “Mandelbrot Scarab Of Fractal Manifestation con scappellamento a destra” o “Fundamental Reconciliation come se fosse antani”: quest’ultima, al netto del titolo ridicolmente chilometrico, è forse la manifestazione più completa ed esaustiva della diversificata formula dei Tetragrammacide a questo punto della loro carriera, tra assalti black/death sparati, tremolo picking inquietante e ossessivo, arpeggi e lick dissonanti, e anche qualche acuto, stridente riff noise che risulta sempre gradito. I notevoli miglioramenti della band a livello di songwriting si riflettono anche nel lavoro dietro le pelli: il batterista ospite su questo disco (l’italianissimo Davide Billia, già in numerose band nostrane come Hour Of Penance, Beheaded, Putridity, Coffin Birth, Antropofagus…) offre una performance per cui la parola “killer” risulterebbe un eufemismo.

I blast beats al cardiopalma del precedente album vengono mantenuti, con l’aggiunta di un da me tanto auspicato surplus di tecnica e varietà che previene ogni rischio di monotonia e staticità, nella forma di innumerevoli cambi di tempo (ciascuno perfettamente funzionale al riffing sottostante) e una strabiliante performance di doppio pedale che non ha nulla da invidiare a qualunque band death metal moderna, pur senza degenerare nell’infame plasticume e nel suono ipertriggerato stile “macchina da scrivere” di gruppi come i Brain Drill. Qualsiasi band extreme metal che voglia spingersi a simili velocità si assicuri di suonare in questo modo. Non mi capita spesso vedere una band che considero sopravvalutata nella scena metal moderna uscire i proverbiali attributi e dimostrare il proprio valore, ma nemmeno mi faccio problemi a dare a Cesare quel che è di Cesare: a quanto pare, i Tetragrammacide sono “saliti di livello” in tutte le maniere che potevo auspicare. Praticamente tutti i difetti che avevo notato nel loro debutto sono stati corretti, con una tale metodicità che sembra davvero troppo bella per essere vera, eppure lo è. Sì, forse si continua a sentire ancora un po’ di eccessiva uniformità nel sound della band (questo non è un disco che vive di “highlights” e momenti individualmente memorabili) ma è impossibile non notare i passi da gigante qui compiuti, quasi a voler rappresentare un “polo opposto” concettuale rispetto al lavoro precedente: questo disco sostituisce l’insipida staticità del debutto con una movimentata iperattività, nella quale ogni ingrediente del grande ed eterogeneo calderone dell’extreme metal viene saggiamente dosato, risultando in una lunga catena di diverse idee dove ogni riff ottiene il proprio degno contrasto, fino a raggiungere una soddisfacente sintesi nel corso di ciascun brano. Ecco cosa succede quando una band che si fregia del titolo di “sperimentale” si lascia alle spalle le proprie limitazioni, e smette di preoccuparsi dei confini del sottogenere a cui appartiene, scegliendo la pura funzionalità al di sopra dell’adesione pedissequa a regole non scritte: la musica non può che beneficiarne, avendo finalmente spazio per respirare. I Tetragrammacide si sono finalmente lasciati alle spalle il war metal, un sottogenere che chiaramente non è mai stato nelle loro corde, e sia i war metaller puristi che i metallari “generalisti” dovrebbero essergliene grati.

REVIEW OVERVIEW
Voto
80 %
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tetragrammacide-typho-tantric-aphorisms-from-the-arachneophidian-quranTRACKLIST <br> 1. Trans-Linguistic Utterance Of A Sacred Orgasmal Cry Fills The Lemurian Sky (By The Same Mouth, One True God Crieth Hriliu); 2. Spectral Hyaenas Of Amenta Howl, The Vulture Of Ma'at Descends, And Tahuti Watches Without His Ape; 3. Mandelbrot Scarab Of Fractal Manifestation Trapped In The Arachnid Webs, Spun Above The Hidden Pathways Into Non-Euclidean Interbetweenness; 4. Fundamental Reconciliation Between Maya And Yama Through Perpetual Okbish-Ouroboric Cunnilingus; 5. Nuit Arches Over The Neither-Neither City Of Cubes; Hadit Meditates While Hanging Upside Down Inside A Tesseract-Ka'aba; 6. Kalikshetra-Kairo Consciousness Revival (Alogical Exegesis Of The Sandhipada-Sarisreepa Continuum Vigyaan); 7. Thanatos And Eros Wrestle Forever, Folding And Unfolding From The Substratum Of Supreme Voidness Of S'lba; 8. Intoxicated Bees Of Sekhet-Aarhu Circumambulate The Abode Of Self Beheaded One Who Forever Danceth In Her Shaktisexual Ecstasy; 9. One Who Weaves The Chthonic Garland Of 52 Skullphabets Severed By The Sword Of Neti-Neti; 10. Golden Ontological Embroideries Of Pythagorean Meta-Geometries Sewn On The Blue Veil Surface Of Nought; 11. Fifteen Streams Of Lunar Kalas Secrete From The Quaking Yoni Of The Goddess Sixteen (Tantric Alchemy Of The Cascading Nectars Of Sodashi) <br> DURATA: 45 min. <br> ETICHETTA: Iron Bonehead Productions <br> ANNO: 2023