Un’autentica mazzata sui denti, uno dei dischi più furiosi che mi sia capitato di sentire negli ultimi tempi. Questo è “Flagitium” (in latino “infamia”, “ignominia”, “crimine”, “vergogna”), fuori per la giapponese Hidden Marly Production, opera seconda del quintetto pugliese Tenebrae Oboriuntur, band attiva dal lontano 1995, con una discografia finora piuttosto avara, che conta il full length di debutto (“Fallax”, del 2019), una demo e un paio di ep. Il black metal dei nostri amici è teso allo spasimo ed estremamente nervoso, con una dose non trascurabile di death che costituisce a mio avviso un’influenza importante a livello di songwriting, in una sorta di mix ideale tra gli Immortal classici e gente come Blood Red Throne e simili, che guarda certamente al passato, quasi alle origini del metal estremo, ma che è in grado di presentarsi con una veste moderna, attraverso un suono potente e rude al tempo stesso. Il riffing è schizofrenico e spezzettato, le chitarre tessono geometrie bizzarre di cui è difficile prevedere la direzione, accompagnate dalla batteria frenetica e precisa di Summum Algor (già impegnato in diverse altre realtà underground, la cui prova dietro le pelli è veramente notevole) e da un basso ben in evidenza, che dettano i numerosi e repentini cambi di tempo che caratterizzano le canzoni e ne costituiscono quasi la cifra essenziale. Le vocals alte e lancinanti di Marcus completano il quadro di un disco complesso ed intricato che rifugge ogni appiglio melodico e non risulta affatto di immediata fruizione, tanto da richiedere diversi ed attenti ascolti prima di essere assimilato.
Questa cornice musicale è riempita da un concept altrettanto feroce, e non avrebbe potuto essere altrimenti. I testi (tuttavia non presenti nel booklet, per una precisa scelta della band) infatti non sono altro che stralci di testimonianze e confessioni rese da serial killer alle forze dell’ordine o alla stampa dopo la loro cattura o prima di essere giustiziati: si passa dai più noti come Gein, Nilsen, Ramirez, Gacy e Dahmer, ad altri forse meno conosciuti ma le cui “prodezze” sono state altrettanto sanguinose; il tutto con l’intenzione di descrivere il male puro, il “diavolo” che si presenta con fattezze umane nel mondo reale. La copertina del disco, presente in due versioni che sembrano l’una il negativo dell’altra, con il suo bianco e nero minimale ma estremamente inquietante e insieme conturbante, è una foto realizzata dalla band ed ispirata dal lavoro di Jesse Draxler, artista visuale e illustratore americano.
Quindi il gruppo ha curato direttamente ogni aspetto del prodotto, musicale, visuale e lirico, e vale la pena sottolinearlo perché il risultato finale è del tutto coerente con le premesse e con l’obiettivo che probabilmente il combo nostrano si era prefissato. In poco più di mezz’ora di durata “Flagitium” dimostra quindi il proprio potenziale: un disco brutale ma ben strutturato e ottimamente suonato, che potrà piacere tanto agli amanti del black metal più violento, ma di classe, quanto a chi predilige sonorità più tecniche o death oriented.