I Sad sono un duo ateniese composto dal polistrumentista Ungod e dal cantante Nadir, ormai di lungo corso sulla scena underground greca, essendo giunto con questo “Black Metal Craft”, che esce per l’onnipresente Purity Through Fire, al non trascurabile traguardo dell’ottava fatica sulla lunga distanza. Il moniker potrebbe far pensare ad un gruppo dedito a sonorità depressive mentre la loro provenienza geografica potrebbe suggerire un sound dal sapore ritualistico e avvolgente, tipicamente mediterraneo, ma in entrambi i casi ci si sbaglierebbe, e di grosso. Perché è vero che i nostri prolifici amici vengono dall’Attica ma è probabile che abbiano qualche stretto parente nella terra dei fiordi e in quella dei mille laghi in quanto il loro black metal è gelido, sferzante e colmo di atmosfere assolutamente nordiche, tanto da poter esser tranquillamente ricondotto nell’alveo della tradizione novantiana. E questa, in tutta la sua pura semplicità, è la base del sound della band, che tuttavia riesce ad inserire in un tessuto di cui conosciamo ogni piega qualche sparuto elemento di diversificazione in grado di attirare l’attenzione, vuoi per l’innegabile esperienza dei musicisti coinvolti nel progetto, vuoi per la maturità ormai evidentemente raggiunta in fase di songwriting.
Ed ecco che accanto al ben noto tremolo picking ossessivo e gracchiante, comunque interpretato con cognizione di causa, troviamo ripetutamente nel corso del disco passaggi più violenti e carichi di groove, dal sapore decisamente black n’roll, e momenti melodici di più ampio respiro ma dal piglio macabro, che davvero non possono non rimandare alla scuola finlandese nella sua declinazione più classica. Per fare dei nomi ampiamente conosciuti e giocando a inquadrare la proposta del gruppo (uno dei passatempi preferiti di noi scribacchini), si potrebbe descrivere la musica dei Sad come un ideale punto di incontro tra il black “puro” dei Darkthrone (quando facevano black ovviamente), il suono secco e “in your face” di Carpathian Forest e Craft e il tocco melodico di gente come Horna, Sargeist, Calvarium e simili: potrebbe forse sembrare un’esagerazione ma vi assicuro che tutte queste influenze sono presenti in questo album (e più in generale nell’ormai nutrita discografia della band) e sono anche ben percepibili in quanto i Sad non fanno nulla per nascondere i loro punti di riferimento compositivi, pur conservando la capacità di mescolarli in maniera convincente.
E quando questo avviene anche con una buona dose di gusto e classe ecco che abbiamo gli episodi migliori del lotto, a partire dalla trascinante title track, che è un vero invito all’headbanging più sfrenato, e dalla super melodica “Sickening Euphoria”, passando per la più oscura ed ossessiva “Catacombs Of Thoughts” e per “The Fortune Teller”, tanto fredda nella sua parte iniziale quanto quasi più rock oriented e orecchiabile in quella conclusiva. I Sad sono l’ennesima dimostrazione che per fare del buon black metal non è necessario inventarsi niente di sconvolgente: con il suo approccio crudo e senza fronzoli “Black Metal Craft” ricorda molto da vicino la roba “true” che usciva a cavallo tra la fine degli anni novanta e l’inizio degli anni duemila e piace perché è un lavoro coerente, che mantiene quel che promette; non un disco trascendentale ma col passare degli anni potrebbe perfino diventare un piccolo classico.