Ancora oggi il trio olandese Sammath rimane uno dei segreti meglio custoditi dell’underground. Nel corso degli anni sono riusciti a guadagnarsi un seguito abbastanza di nicchia, per quanto incredibilmente fedele, specialmente a partire dal 2014, anno di rilascio di “Godless Arrogance” (probabilmente miglior titolo mai scelto per un disco metal!), album che perfezionava una formula fondata sul caos selvaggio tipico del war metal, integrandolo con il riffing freddo, epico e impetuoso di “Pure Holocaust” degli Immortal e “Blood Must Be Shed” degli Zyklon-B, ottenendo uno stile di black metal ultraviolento che in fin dei conti suona come una versione più “intellettuale” ed “erudita” (se mi si passano i termini, per un sound così barbarico) dei Marduk di fine anni novanta. La band ha continuato a esplorare le sue latenti sensibilità melodiche sul leggermente più stoico e marziale “Across The Rhine Is Only Death” del 2019, e ora con l’ultimo album “Grebbeberg” (uscito lo scorso giugno) è riuscita a integrare le suddette sensibilità nell’impianto anarchico, istintivo e caotico che caratterizzava “Godless Arrogance”: ovviamente, com’era prevedibile, il risultato non può che lasciare a bocca aperta. L’album parte in quarta con il brano più schietto e diretto di tutti: la title-track irrompe sulla scena con del puro minimalismo black metal della tipologia più caotica, indulgendo in ripetizioni cicliche di pochi riff concisi, per quanto sempre tonanti nella loro epicità, mostrando l’usuale capacità dei Sammath di trasmettere infinita energia distruttiva con la minima quantità di idee necessaria, quasi alla maniera grindcore. È però dalla seconda traccia in poi che l’album inizia davvero a brillare, donandoci alcune delle melodie in tremolo picking più belle, intense e distruttive del repertorio della band: episodi come la maestosa quanto letale “Reichswald”, l’inizialmente doomeggiante e poi altrettanto sparata “Last Gasp Of The Dying” e l’inesprimibilmente sublime “Crushed, Shattered And Destroyed” (che potrebbe essere diventata il mio pezzo dei Sammath preferito in assoluto) sono i migliori esempi della sbalorditiva maturità melodica raggiunta dalla band a questo punto della sua carriera, che sfiora ormai livelli quasi “sinfonici” di sublimità (pur senza effettivo uso di tastiere, a differenza del loro debutto “Strijd” del 1999) nella costruzione dei riff e nel “layering” delle diverse parti di chitarra l’una sull’altra. Tracce come “Murderous Artillery”, “Tot De Laatste Granaat” e “Decimated” risultano leggermente meno pompose e più subdole, utilizzando il classico format di iniziare i pezzi con riff più selvaggi e minimali (nello stile della prima traccia) per poi andare man mano a costruirci sopra con strati di riffing più epici e melodici, raggiungendo pur sempre livelli di grandiosità che possono tranquillamente essere paragonati a qualunque traccia del già citato “Godless Arrogance”.
La batteria è iperattiva tanto quanto sui due dischi precedenti, se non addirittura di più; questo rimane uno dei maggiori punti di forza dei Sammath, che li distingue dai loro già citati, ben più noti ispiratori scandinavi. Il drumming della band sembra rifarsi allo stile di blast-beat ipercaotico e quasi anarchico di Revenge, Conqueror e Order From Chaos, eppure un peculiare senso di struttura è ravvisabile in quello che a un primo ascolto sembrerebbe solo casino senza senso. Il batterista Wim Van Der Valk è indicato nei crediti anche come principale responsabile degli arrangiamenti, e la cosa non mi sorprende minimamente: la sua irrequieta performance dietro le pelli è la vera protagonista qui, dettando la struttura e l’evoluzione di ogni canzone con infiniti stacchi e cambi di tempo che, pur nella loro apparente incostanza, risultano incredibilmente funzionali allo sviluppo dei riff, e intuitivamente sensati da un punto di vista compositivo. Un approccio che mi ricorda un po’ lo spettacolare primo album dei francesi Antaeus, dove struttura e melodia riuscivano ad emergere dal puro caos nichilistico. Esattamente come succede qui: chitarre e batteria si amalgamano con una tale solida coesione che a tratti nemmeno ci si accorge della moltitudine di ricombinazioni e cambi di tempo che si verificano con così tanta rapidità. Dagli implacabili blast-beat (suonati nei tempi più disparati) alle marziali sezioni di doppio pedale che erano già ricorrenti nei precedenti due lavori, dai solenni stacchi alle iperattive rullate militariste che vanno a incrementare sempre di più la tensione (talvolta addirittura prendendo il sopravvento su qualsiasi beat regolare, o confondendosi tra i sample di fucilate inseriti in brani come “Murderous Artillery”), tutto si fonde perfettamente con i riff in un epico crescendo di violenza che suona come una sinfonia guerrafondaia la quale, nei momenti culminanti, si avvicina all’energia viscerale e alla sublime eleganza di campioni del melodic black moderno come Morgal e Grandeur.
Al momento in cui il brano di chiusura “Stahl Und Feuer” conclude epicamente l’album nel suo incedere lento e carico di tensione, si rimane stupefatti ad aspettare nuovo materiale da questi blackster militanti olandesi che sembrano migliorare con ogni nuovo disco, rifinendo pian piano la loro formula. “Grebbeberg” è probabilmente il loro lavoro più evoluto finora, rivaleggiando perfino con “Godless Arrogance”. Se la band continuerà a espandere le travolgenti melodie di tracce come “Crushed, Shattered And Destroyed” o “Reichswald” potrebbe seriamente riuscire a scalzare i moderni maestri del genere. Per ora, una cosa è certa: “Grebbeberg” è senza dubbio uno dei dischi black metal più memorabili dell’appena concluso 2023. Il sound di questo album rappresenta alla perfezione la sensazione di perire con orgoglio in uno spietato, caotico, truculento campo di battaglia. Una ragione più che sufficiente per sollecitare chiunque abbia un interesse anche solo vago nel black metal fatto come Satana comanda a dare ripetuti ascolti a “Grebbeberg”: potrebbe essere il disco ideale per mettere in fuga tutti i ragazzini nerd fighetti con le foto profilo di Këkht Aräkh su Instagram.