La musica ogni tanto può essere accostabile alla cucina: si può sperimentare inventandosi ricette astruse, utilizzando ingredienti sconosciuti e provando tecniche pazze, oppure si può preparare un classico piatto di pasta alla carbonara. Dubitiamo che M.A., titolare del progetto qui presente, nella sua natìa Svezia abbia mai preparato (o addirittura mangiato) un bel piatto di pasta alla carbonara ma di sicuro il black metal classico lo sa suonare molto bene. Già attivo con gli Ultra Silvam e giunto alla seconda fatica con gli Hinsides, il musicista in questione viene, come detto, dalla Svezia ma pesca a piene mani dai vicini di casa, preferendo l’approccio grezzo e minimale norvegese piuttosto che violenza e velocità, marchi di fabbrica del black metal svedese. Affascinante già dal titolo, che in italiano suona qualcosa come “dall’aldilà si ode il rintocco dell’orologio del diavolo”, l’album in questione in realtà non si limita a ripetere a pappagallo cose già sentite milioni di volte. Certo le strutture delle canzoni, così come il suono molto crudo e poco rifinito urlano anni novanta da tutti i solchi, ma c’è un gran bel gusto per le melodie, piuttosto spinte e spesso preponderanti, così come per i numerosi assoli che ben si incastrano nelle parti più veloci e tirate.
Lo stesso songwriting si presenta come piuttosto elaborato, senza scadere nel noioso sbrodolamento dalle tinte prog e un po’ fighette che ultimamente sembra aver assalito band un tempo di assoluto livello come Djevel e Tsjuder. Negli Hinsides scorre anche una vena un po’ rock and roll alla Carpathian Forest, ritrovabile nel mid-tempo di “666 Stötar Mot Himmelens Port” e nell’attacco della title track, il che in produzioni di questo tipo non guasta mai. La conclusiva “En Stympad Människa”, col suo iniziale incedere marziale e le sue intriganti variazioni di tempo, chiude un disco dalla breve durata ma dalla alta qualità, che non rivoluzionerà il genere ma che di sicuro rappresenta un eccellente esempio di come si possa fare ancora black metal senza inventare l’acqua calda o risultare il malriuscito clone di qualcun altro.
Da segnalare in positivo sia la voce, aggressiva, espressiva e sempre ben incasellata, così come la produzione, capace di conferire al suono della chitarra il giusto bilanciamento tra pesantezza e marciume. Potete recuperare anche la prima fatica della band “Under Betlehems Brinnande Stjärna”, che presenta canzoni più snelle e dalla produzione molto più grezza e sporca.