Avevo un po’ perso di vista i Darkestrah dopo lo splendido debutto “Sary Oy” e il successivo “Embrace Of Memory”, inferiore ma comunque affascinante. Ne è passata di acqua sotto i ponti e la band originaria del Kyrgyzstan e di stanza in Germania, a suo tempo “lanciata” dall’etichetta di Kanwulf dei Nargaroth, ha proseguito con perseveranza il proprio percorso mescolando il black metal alle sonorità folk dal sapore mistico e ancestrale tipiche di quelle terre esotiche, per giungere ora al non trascurabile traguardo della settima fatica sulla lunga distanza, sotto l’egida della prestigiosa Osmose Productions. Per la verità l’effetto sorpresa dell’esordio è ormai venuto meno perché la band capitanata dal mastermind Asbath ha consolidato nel corso degli anni il suo marchio di fabbrica immediatamente riconoscibile, che la posiziona sostanzialmente nella nicchia del black metal atmosferico in senso lato. Genere che tuttavia i nostri amici suonano a modo loro, con ampie influenze sinfoniche e un pronunciato piglio epico, che convivono benissimo con le melodie spesso drammatiche e dolenti veicolate dagli strumenti tradizionali. Tutti elementi ovviamente presenti in questo “Nomad”, disco che ha dalla sua un songwriting estremamente curato e gode di una produzione di alto livello, cosa che potrebbe forse far storcere il naso ai puristi della prima ora ma che garantisce all’album una resa sonora molto equilibrata, evidenziandone le varie sfumature senza intaccarne il fascino misterioso e sciamanico. La commistione tra Occidente e Oriente, tra riffing tagliente tipico del black metal, tappeti tastieristici (che in questo caso potrebbero richiamare tanto gli Emperor quanto i migliori Dimmu Borgir) e melodie popolari dell’Asia Centrale che ha sempre caratterizzato la musica dei Darkestrah è portata qui ad un gran livello di maturità e si estrinseca in pezzi dal minutaggio corposo che, pur se elaborati e strutturati, danno l’impressione di evolversi con grande naturalezza, in modo lineare e perfino rigoroso.
Prova ne siano la title track e la successiva “Destroyer Of Obstacles”, che rappresentano il cuore pulsante dell’album e mettono in evidenza in maniera plastica i tratti salienti dell’attuale sound dei Darkestrah, tra cavalcate chitarristiche, momenti atmosferici, cupi, malinconici o disperati, passaggi che non disdegnano affatto violenza e brutalità e le consuete influenze folk. Un aspetto da sottolineare a questo proposito è che, non solo in questo album ma in tutta la loro (ormai nutrita) produzione, i Darkestrah cercano sempre di fondere l’elemento folk con quello black, senza che in effetti nessuno dei due prenda nel complesso il sopravvento, in modo da creare un insieme che risulti qualcosa di diverso dalla semplice somma degli addendi che lo compongono, a differenza di molti altri che si limitano invece a utilizzare le parti folk come mera cornice ornamentale, senza amalgamarle in un sound che resta fondamentalmente canonico. Altro aspetto a mio parere da mettere in evidenza è la prova della singer Charuk, che dimostra di possedere un’ugola al vetriolo nelle parti in screaming (da fare invidia a molti colleghi maschietti) ma riesce anche a interpretare in modo decisamente espressivo quelle in clean, con una voce molto piena e potente. Insomma non c’è una cosa fuori posto e questo “Nomad” potrà soddisfare sia gli ascoltatori più legati agli stilemi classici del black metal sia quelli in cerca di qualcosa di “diverso”: se li conoscete già potete andare sul sicuro, diversamente questo disco potrebbe essere un ottimo punto di partenza per iniziare a conoscerli.