Ci era piaciuto il debut full length dei Vorga “Striving Toward Oblivion”, tanto da lasciarci ben impressionati e incuriositi per il futuro di questi cosmonauti del metal teutonico. Ciò che avevamo lasciato nel 2022, tra tematiche sci-fi e un look accattivante e misterioso, conditi da un black metal melodico e oscuro che nella sua apparente linearità punta sull’imprevedibilità astrale, oggi lo ritroviamo pressoché immutato. E se da una parte la consapevolezza dei mezzi tecnici è maggiore, così come la focalizzazione nello scrivere pezzi più efficaci, dall’altra viene meno il fattore sorpresa, in quanto i Vorga sono ormai una vera certezza. Nel definirli una delle band di spicco nel panorama del metal estremo tedesco non si sbaglia perché questi ragazzi hanno parecchie frecce al loro arco in un mercato in continuo movimento ma saturo. Grazie agli elementi peculiari su citati la band di Karlsruhe riesce infatti ad emergere con quella che è ormai diventata una ricetta ben collaudata di black metal di puro stampo melodico e decadente, che racconta di quanto sia bello perdersi tra gli astri nella più totale solitudine.
Parliamoci chiaro, se si cerca la novità o il colpo di scena anche questo “Beyond The Palest Star” non vi stupirà ma il suo punto di forza è portare ciò che abbiamo già conosciuto su un altro livello, enfatizzando il valore sensitivo del vuoto cosmico, come se ogni singolo brano fosse un viaggio galattico ai limiti dello spazio, tra sensazioni di ansia e smarrimento, riuscendo nel difficile intento di creare nell’ascoltatore curiosità e desiderio di scoprire l’ignoto.
L’approccio di questa nuova fatica è il medesimo usato nel precedente disco ma espande e raffina i mezzi stellari attraverso i quali trasportare l’ascoltatore in un altro viaggio attraverso la desolazione del cosmo, ossia le canzoni, puntando su un feroce black metal rabbioso, ma sempre melodico, e annerendo senza compromessi i paesaggi con trame atmosferiche mai sconnesse. Il cosmo è il posto dove, appunto, il compromesso non esiste e i Vorga confezionano un lavoro efficace grazie a melodie di presa che ci conducono attraverso una corsa sfrenata tra stelle e pianeti, in un’inquietante esplosione di colori che l’artista grafico Adam Burke è riuscito a rappresentare alla perfezione nella bella copertina. L’opener “Voideath” rappresenta quanto abbamo appena detto e sfocia in “The Sophist”, a mani basse il pezzo più avvincente e diretto del disco, che fa da contraltare all’evocativa “Comet”, contenuta nel precedente lavoro. Ma merita una menzione anche “Tragic Humanity”, che inizia con ariosi riff melodici per poi dare sfogo alla violenza più classica del black metal, che si sposa con una costante esplorazione di sonorità più eleganti senza tuttavia mai allontanarsi dal fulcro del disco.
E infine “Terminal”, che ci porta a spasso nel cosmo grazie a misteriosi synth alieni, dividendosi in una prima parte più lenta e metodica, soffocata dall’ansia dell’ignoto, e in una seconda che esplode come una cometa in riff più veloci e letali. Con “Beyond The Palest Star” i cosmonauti di Germania riescono a confermarsi su tutti i fronti senza cambiare la formula del primo e apprezzato lavoro: spogliano le composizioni da inutili orpelli, le rendono più dirette e accessibili ma al contempo misteriose e profonde, e ci regalano un biglietto di sola andata per un viaggio stellare del quale non si conosce la destinazione (ma in fondo, che importa?). Non c’è bisogno di allacciarsi le cinture, il destino è già segnato.