Fa sempre piacere ricevere dischi tipo questo, classiche bordate di fuoco e satana sparate a tutta velocità, con i pezzi che sono un mero copia incolla per struttura e idee. Si aspettava da tempo l’esordio sulla lunga distanza dei tedeschi Ad Mortem (“la band di Henker”, chitarrista ben conosciuto nel mondo dell’underground estremo tedesco, più noto dei due fondatori TF e BS), i quali riescono a dare alla luce un debutto di tutto rispetto che, se non rimarrà negli annali del metallo nero, riesce comunque a regalarci momenti di puro ed esaltante black metal melodico di scuola nord europea. Le aspettative, dopo “Iudicium Ultimum”, split del 2020 in compagnia dei Mavorim, erano piuttosto alte e la band è riuscita a soddisfarle appieno con questi quaranta minuti di furia cieca, senza un minimo di tregua se non per un paio di pezzi che rallentano la follia omicida, interrompendo un flusso continuo di blast beats paragonabile a quello dell’acqua del Rio delle Amazzoni. Il quartetto sassone non conosce pace e mette subito le cose in chiaro sin dalla copertina che sa di morte, il tutto sotto la sempre attenta visione della Purity Through Fire che confeziona, manco a dirlo, in maniera eccellente il disco. Nessuna novità in ogni caso per queste belve assetate di sangue, tra riff tiratissimi ma accattivanti, fortemente debitori della vecchia scuola thrash teutonica, batteria martellante e vocals acide. Tutto è al posto giusto in modo tale da rendere questo disco il più classico deja-vu del metallo; appena inizia un pezzo sai già come proseguirà, e se l’effetto sorpresa non esiste l’unica cosa che legittimamente possiamo aspettarci è di passare un po’ di tempo con del metallo incandescente senza troppi fronzoli, suonato bene e addomesticato ancora meglio.
Henker è uno che ne sa, non giriamoci attorno, e un pezzo come “Labyrinth” la dice lunga sulla qualità di questa band, racchiudendo l’essenza del black metal nordico dalla A alla Z, tra up tempos e blast beats, e quella melodia drammatica che solo certi gruppi navigati riescono a trasmettere e trasformare in litanie demoniache. Il disco parte con un trittico di alta classe per poi proseguire su buoni livelli, senza momenti di stanca, toccando punte di eccellenza nella violentissima “Todesstreben” e nell’epica conclusiva “Death And Beyond”, senza mai gettare la spugna: uno tsunami dalla portata catastrofica di negatività e devastazione, appena addolcita dalle costanti e onnipresenti melodie tessute dalle chitarre, che rendono il tutto più appetibile, una sorta di sonnifero prima della morte spietata.
La band rimane fedele ai suoi primi lavori senza stravolgere il proprio sound ma affinando le composizioni: infatti i riff, pur mantenendo un impatto selvaggio e primordiale, risultano più elaborati rispetto al passato, più completi e meno diretti, e oltre i riferimenti al thrash, vi ritroviamo un retrogusto più classicamente metal; mentre i costanti cambi di tempo sono orchestrati egregiamente dall’ottimo drumming, lineare ma efficace, di E. Agressor, preciso e cinico dietro le pelli. Gli Ad Mortem confezionano quindi un disco di puro black metal infernale che proviene dalle viscere della terra, con una ricetta che farà felici gli amanti dell’estremo: brutalità, raffinatezza e professionalità, condite dal fondamentale equilibrio tra potenza e melodia.