Immaginate di trovarvi in un antico cimitero abbandonato. La fredda nebbia, fitta e impenetrabile, avvolge ogni cosa, privandovi di qualsiasi punto di riferimento. All’improvviso, davanti a voi, un’oscura cripta inghiottita dai rampicanti si apre: qualcosa al suo interno si è risvegliato. Fantasmi? Demoni? Zombie? No, si tratta degli Spiter, con il loro ultimo lavoro “Enter The Gates Of Fucking Hell”, mini album di sei brani marchiato Hells Headbangers, in arrivo direttamente dall’inferno per portare blasfemia e perversione sulla Terra. Per chi non lo sapesse, gli Spiter sono una band di Philadelphia, che nel 2022 ha pubblicato, sempre sotto Hells Headbangers, il debut album “Bathe The Babe In Bats’ Blood”. Stilisticamente sono inquadrabili in quello “sweet spot”, a me tanto caro, che si trova tra un primordiale black/thrash metal ed il punk/crust più marcio in circolazione. In questo nuovo ep il frontman e songwriter Richard Spider (a.k.a. Daemonbitch nei Shitfucker) abbandona in parte i classici riff metal anni ottanta, che caratterizzano l’album di debutto, a favore di schitarrate veloci e accordi aperti tipici del punk-hardcore più cattivo ed integralista. Forse i metalheads vecchia scuola potrebbero storcere il naso ma il risultato della formula è praticamente perfetto: ventisei minuti di musica estrema, compatta, violenta, incalzante e mai noiosa, tanto da far venir voglia di ripremere il tasto play una volta finito il disco.
Anche a livello di produzione e suoni si nota un netto miglioramento rispetto al precedente lavoro: suoni fangosi e confusionari sono infatti stati rimpiazzati da una potenza sonora che spettina l’ascoltatore, l’energia delle chitarre e la ritmica martellante della batteria restano su piani differenti, non coprendosi a vicenda e dando quindi un senso di amalgama e coesione fra i vari strumenti. L’ascolto risulta quindi fluido e compatto e la dinamica degli stacchi riesce a sprigionare tutta la potenza desiderabile, portando l’ascoltatore ad un headbanging spezza collo. Ciò che non è cambiato invece è l’estetica horror da vampiri satanisti in pelle e borchie tipica di quei cult b-movie anni settanta che talvolta si ha lo (s)piacere di guardare. A riguardo, consiglio di dare un’occhiata al videoclip del brano “I Am Dracula” del 2021, che a mio parere sintetizza perfettamente l’immagine, la poetica e la filosofia artistica della band. Ma torniamo a parlare del disco, che con una breve intro di organo ci trasporta subito in un mondo di tombe dissacrate e morte, per poi farci risvegliare dall’eterno riposo con i primi due brani, veloci e taglienti come la vecchia scuola speed metal insegna.
La successiva “Tears Of Blood” vira verso linee vocali più melodiche e un tempo più lento, regalando all’ascoltatore uno spazio di respiro e una diversità ritmica all’interno del disco. Si passa poi alle cavalcate crust e alle atmosfere funerarie norvegesi dei successivi e ultimi tre brani, che ci lasciano consapevoli di essere davanti ad uno di quei rari lavori di terrorismo sonoro ben riusciti, vari e non scontati in quanto la proposta di “Enter The Gates Of Fucking Hell” è perfettamente equilibrata, ben eseguita e di grande intelligibilità. Un prodotto imperdibile quindi per tutti gli appassionati del crust oscuro, del punk vampiresco e del black metal delle origini. Attenti però a non invasarvi troppo o potreste ritrovarvi assetati di sangue tra le lapidi di un cimitero a spaventare i poveri mortali con canini sporgenti, io vi ho avvertito…