Magistraal – Fantoom Van De Deemsterburcht

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Leggo sempre con grande ammirazione le roboanti e poetiche presentazioni dei promo che riceviamo in gran quantità nella nostra redazione virtuale. E vi voglio riportare quella di questo ep dei Magistraal affinché anche voi possiate apprezzarla, perché ne vale davvero la pena: “una miscela nero corvino scaturita dalle profondità delle Montagne dell’Ombra, plasmata dalla vista raccapricciante degli otto occhi odiosi di Shelob e abbellita dalle incantevoli dita di Fëanor, maestro dell’architettura. Coltivata da due poteri antichi, opposti: è padrona dell’esistenza fredda, oscura, piovigginosa e amareggiata da un esilio solitario, gettata in un’oscurità dove la sua voce stridula è stata bandita per l’eternità; fu un potente progettista di splendore, un inventore di opere d’arte e un superiore conservatore della luce, un perfezionista la cui opera si rivelò un rifugio per l’apostata”. Tutto questo per dire che il duo olandese (dai Paesi Bassi infatti arrivano i nostri amici), del quale come da copione si hanno pochissime notizie, suona black metal anni novanta, né più né meno, e che questo “Fantoom Van De Deemsterburcht” è il loro debutto, che esce sia in formato digitale che in vinile per la misconosciuta Zwaertgevegt, come metà di uno split.

E quando si parla di black metal anni novanta non si può ovviamente che pensare alla Norvegia e al true black metal di quelle parti. Ed in effetti è proprio da lì che pescano a piene mani i Magistraal, senza farsi troppi problemi di originalità, a partire dalla copertina in bianco e nero con decorazioni che fungono da cornice, passando per le foto nei boschi (con immancabile face painting e ascia d’ordinanza), anch’esse in bianco e nero, fino ad arrivare alla musica, lineare, minimale e caratterizzata dalle consuete atmosfere sinistramente mistiche e medievali, e alla produzione casereccia.

Ma allora che cos’ha di particolare questo ep che ha comunque attirato la mia attenzione? Assolutamente niente, è quello che è, non si nasconde e tanto basta perché nella prevedibilità consiste la sua ragione d’essere. Che poi, intendiamoci, bisogna saperlo suonare quel black metal lì perché tutto il contorno di immagine e attitudine da solo di certo non basta (anche se per qualcuno è più che sufficiente), e i Magistraal di sicuro lo sanno fare.

Pur senza pretendere di inventare qualcosa e certamente consci di “copiare” senza remore, riescono comunque a costruire canzoni semplici ed evocative che fanno il loro dovere, quelle classiche canzoni da ascoltare con lo stomaco più che con la testa, per riscoprire quelle sensazioni viscerali che ancora oggi fanno battere i cuoricini neri di molti di noi. E se “Waar Leed Zich Eeuvig Voedt” e la conclusiva title track sono dei buoni pezzi dal sound tradizionalmente raw che puzza più che mai di cantina, appena ingentilito da un uso assai intelligente di tastiere dall’afflato mistico, il vero cuore pulsante del lavoro è costituito dalla centrale “Mijn Brandend Licht”, suite di oltre undici minuti di durata, nella quale le tastiere si prendono invece per ampi tratti il centro della scena, recuperando un certo approccio burzumiano e chiamando nel contempo fortemente in causa i connazionali Countess.

E questo è tutto: un lavoro d’esordio più che discreto, che piacerà soprattutto ai nostalgici dei bei tempi andati ma che può essere fruito da tutte le categorie di blacksters in circolazione perché sta chiaramente un gradino sopra rispetto alle tonnellate di materiale assolutamente inutile e anonimo che intasano pressoché quotidianamente le nostre orecchie.