Partiti da un black metal più legato alla tradizione, ma già declinato in maniera personale, i nostrani Deadly Carnage nel corso degli anni hanno ampliato il loro raggio d’azione, incorporando diverse influenze nel loro sound ed avvicinandosi con le ultime prove a quello che si potrebbe definire un post black metal con sfumature vagamente progressive. Vi proponiamo questa intervista, in verità leggermente datata, che ci permette comunque di fare una sorta di riepilogo dello stato dell’arte, esplorando il mondo di questa band, tra musica, cinema, letteratura e filosofia.
Classe ed eleganza hanno sempre caratterizzato l’approccio dei Deadly Carnage, deliziando il nostro palato con produzioni sorprendenti e sopra le righe. Parliamo di “Through The Void, Above The Suns” del 2018 (inviato in versione vinile, ci tengo a precisarlo). Svelatemi qualche curiosità sul processo compositivo di questo vostro disco…
“Through The Void, Above The Suns” ha avuto una fase compositiva lunga e decisamente non lineare; abbiamo passato oltre tre anni a comporne i brani, tra periodi intensi, pause forzate, cambi di line-up e voglia di lavorare a qualcosa di nuovo. Nelle prime fasi non avevamo un’idea fissa di ciò che volevamo creare, abbiamo semplicemente lasciato che i brani e le idee fluissero spontaneamente fino a convergere in un punto comune. Non siamo persone che scelgono le proprie mosse a tavolino, facciamo semplicemente quel che vogliamo senza porci delle barriere. “Through The Void, Above The Suns” è nato in questa maniera, è stato creato in continua evoluzione; dal primo giorno di composizione sino all’ultimo giorno passato in studio.
Personalmente ricordo con piacere un altro vostro lavoro intitolato “Sentiero II – Ceneri”, che uscì per la precisione nel 2011. Facendo un tuffo nel passato potreste dirmi che ricordi conservate di questa release?
Sono passati ormai molti anni dall’uscita di quell’album e ancora di più dal periodo in cui ci stavamo lavorando, ma ricordo molto bene come andarono le cose. Era un periodo in cui avevamo molta voglia di sperimentare, di vedere cosa sarebbe venuto fuori. Avevamo molte idee e spesso c’erano contrasti dentro la band, perché non sempre queste idee andavano nella stessa direzione, ma alla fine la volontà di creare quell’album è stata più forte delle divergenze e la band ne è uscita più unita di prima. “Sentiero II – Ceneri” è stato il nostro album di rottura, quello con cui abbiamo capito che non ci interessava nulla delle etichette che ci affibbiavano, la cosa importante era fare solo quello che volevamo.
Vedo le vostre prove musicali come pitture in trasformazione, senza condizionamenti e in continua espansione. Se un giorno un pittore volesse disegnare su tela una vostra copertina, su quale cover secondo voi cadrebbe la scelta?
Potrebbe sembrare banale, ma mi piacerebbe che un pittore si dedicasse alla copertina di “Decadenza” il nostro album d’esordio. È un album concepito ispirandoci ai quadri di Francisco Goya, quindi è per sua natura l’album più adatto allo scopo.
Le vostre liriche sono decisamente più sofisticate e ricercate rispetto ai testi standard delle band black metal e abbracciano filosofia e letteratura. Ci sono autori che vi hanno influenzato in maniera particolare?
Indubbiamente poeti e filosofi del Novecento sono stati importanti per la nostra formazione culturale, mi riferisco ad esempio a Nietzsche o D’Annunzio. Questo tipo di letture ha sicuramente influenzato i nostri primi lavori. Ma non vorrei dare l’impressione che la filosofia del Novecento sia stata l’unica a fornire apporti alla nostra musica; ad esempio durante la lavorazione di “Through The Void, Above The Suns” il nostro sguardo si è rivolto principalmente alla filosofia del mondo classico. A mio giudizio è importante comprendere il mondo anche attraverso le grandi menti del passato.
A volte accosto la vostra musica al dadaismo. Vi sentite in qualche modo dadaisti, ovvero persone “totalmente attive che vivono solo di azioni”? E se vi chiedessi di scegliere un autore e un libro che vi hanno colpito per impeto e passione, quali sarebbero?
Il parallelismo che fai tra la nostra musica e il dadaismo è estremamente interessante. Da un certo punto di vista anche noi, come i dadaisti, rifiutiamo gli standard artistici convenzionali, siamo mossi dalla volontà di avere una libertà artistica priva dei vincoli imposti dal mercato. Abbiamo sempre fatto precisamente quel che volevamo e sempre lo faremo, ci piace essere coerenti solo con noi stessi. Parlando in maniera del tutto personale posso dire che Marinetti fa parte del mio background culturale come tutta l’avanguardia del Novecento italiano ma, sempre parlando a livello personale, essendo un amante dei romanzi, come libro mi sentirei di citare “Il Piacare” di D’Annunzio, che lessi quando ero molto giovane, poco prima di diplomarmi, e mi influenzò profondamente.
Passando dalla letteratura al cinema, quale film invece potrebbe rappresentare al meglio la vostra musica?
Sono un grande appassionato di cinema, ma la domanda che poni non è affatto semplice. La nostra musica è concepita come qualcosa di estremamente meditativo e il tutto è estremamente referenziato; quindi, mi sentirei di accostarla alle opere di Ingmar Bergman, come ad esempio “Il Settimo Sigillo”, che ha anche ispirato il nostro brano “Ceneri”. Ovviamente non voglio peccare di presunzione, per quanto io sia fiero e soddisfatto di quanto i Deadly Carnage hanno prodotto sino ad ora, non mi permetterei mai di paragonarci al genio che era Ingmar Bergman.
Tornando alla musica, ho molto apprezzato le doti canore di Alexios Ciancio, che riesce con maestria a passare dallo screaming tipicamente black metal al cantato pulito. Quanto questo connubio può essere un marchio di fabbrica della band?
Alexios è un ottimo vocalist, il suo contributo alla voce (e ai testi) è quanto di meglio poteva capitarci. Suona con noi sin dal 2010 come chitarrista, ma solo con “Through The Void, Above The Suns” il suo ruolo è diventato anche quello di cantante. Ha tanta esperienza dietro al microfono, maturata in passato (e anche attualmente) in realtà musicali anche differenti dalla nostra. Alexios ha la capacità di riuscire a trasmettere qualcosa usando poche parole. In futuro credo che la voce di Alexios risulterà centrale rimanendo in armonia con tutti gli strumenti, esattamente come se fosse uno strumento in più.
Un’ultima domanda, che è più una curiosità. Avete mai pensato di realizzare un lavoro interamente strumentale, magari con una piccola orchestra?
Indubbiamente quest’idea è estremamente interessante. Noi componiamo i nostri brani per fare in modo che riescano a trasmettere il proprio messaggio anche se fossero privi di voce, quindi ci troviamo a nostro agio con brani esclusivamente strumentali, così come ci troviamo molto bene ad inserire nella nostra musica strumenti “classici” come archi, fiati, legni e piano, come appunto abbiamo fatto in parte in “Through The Void, Above The Suns”, quindi chi lo sa, magari in futuro riusciremo a realizzare qualcosa del genere, confesso che mi piacerebbe!