Decayed / Caixão / Cemetery Lights – Heralds Of The Duat

0
341

Lo split, ormai lo sappiamo bene, è un formato molto appetibile nel mondo underground, sia perché permette di “far girare il nome” anche con una manciata di pezzi, quando magari il tempo o l’ispirazione non sono sufficienti per comporre un intero album, sia perché, molto più prosaicamente, consente ai gruppi che uniscono le forze di dividere le spese per la sua realizzazione. Ma lo split è anche un modo per concentrarsi su un argomento comune, che viene affrontato dalle band che partecipano all’iniziativa sotto svariate angolazioni e con esiti musicali differenti, pur se uniti dallo stesso concept. È quello che accade in questo “Heralds Of The Duat”, pubblicato dalla misconosciuta etichetta spagnola Down With The Most High in edizione vinile 12” (maniaci collezionisti, fatevi avanti!), che vede riunite tre realtà molto diverse tra loro, focalizzate tuttavia sulla stessa tematica, suggerita da quanto raffigurato in copertina, ovvero i miti e i misteri del regno dei morti dell’Antico Egitto (Duat appunto). Ad aprire le danze sono i lusitani Decayed, band storica della scena portoghese, attiva fin dal lontano 1990 e con alle spalle una discografia interminabile, che conta una quindicina di album e la consueta trafila di uscite nei più vari formati, che assicurano il proverbiale alone di culto.

Essendo una band di vecchia data i Decayed hanno quasi per forza di cose un approccio old school, che si traduce in un black metal secco ed essenziale, caratterizzato da atmosfere necrotiche e rituali che lo avvicinano più a gente come primi Samael, Rotting Christ o Mortuary Drape che al classico sound anni novanta universalmente noto.

Ciò non impedisce a José Afonso e compagni di picchiare duro, recuperando anche un certo slancio bathoryano che rende pezzi come “Beneath The Sands” e “The Pharaoh’s Curse” particolarmente ficcanti e di sicuro impatto. Nulla che faccia gridare al miracolo ma comunque una prova dignitosa. Con Caixão, giovane one man band di tale JG, proveniente sempre dal Portogallo e con alle spalle un full length (“Knaga” del 2023), veniamo invece a quella che a mio parere è la realtà più interessante di questo split e certamente quella che interpreta il concept in maniera più immersiva, con tanto di intermezzi dal sapore “egiziano” che imitano strumenti tradizionali e fanno calare l’ascoltatore in un’atmosfera del tutto peculiare.

L’approccio stilistico di questo progetto solista è molto particolare: il riffing è marcio e sicuramente black metal (sempre che per black metal non intendiate solo quello norvegese) ma si fa volentieri imbastardire da influenze heavy di più ampio respiro e a tratti pure vagamente melodiche; le canzoni sono decisamente variegate, caratterizzate da numerosi cambi di tempo e per di più arricchite da gustosi inserti tastieristici e da passaggi acustici abbastanza suggestivi; la produzione è molto polverosa e soffocata, il che si adatta bene ad un paesaggio assolato e desertico.

Ma la caratteristica davvero fondamentale è il cantato, che non è né un clean né un growl né uno screaming quanto piuttosto una sorta di lamento sussurrato e strisciante, ovviamente non del tutto inedito ma che conferisce la sua impronta spettrale ai brani, marchiandoli a fuoco e diventando un elemento imprescindibile del sound nel suo complesso. Davvero una piacevole sorpresa per quanto mi riguarda e basta ascoltare un pezzo come “Serapeum”, che rappresenta in un certo senso la summa di quanto ho appena detto, per rendersi conto che il nostro amico sembra davvero avere qualcosa di personale da dire. Così come qualcosa di personale da dire ce l’ha l’altra one man band, alla quale è affidato il compito di concludere questo split, ovvero Cemetery Lights, che conosciamo bene per averla seguita su queste pagine virtuali in pratica fin dai suoi esordi.

Il progetto statunitense, dietro al quale si cela il mastermind The Corpse, è anch’esso legato ad uno stile di black metal più vicino alla così detta “prima ondata”, con abbondanti dosi di heavy e doom ad insaporire il piatto ed un piglio che si fa a volte sinistro e occulto e a volte più epico, ma di un’epicità sempre dolente e cimiteriale.

Ascoltando brani solidi e ben strutturati come “Dreams Into Necropolis” e “Conspiracy With The Gods” emergono tuttavia anche influenze più death oriented, di quel death sepolcrale di fine anni ottanta e primissimi anni novanta, quando ancora le differenze tra i vari generi dell’estremo non erano ancora così ben delineate, e non può non venire in mente qualcosa dei primi Therion o dei primi Tiamat. Un’altra prova piuttosto convincente per un progetto che sa riproporre a modo suo un sound vecchio ma dotato ancora di un indubbio fascino. Che dire tirando le fila? Ancora una volta lo split si dimostra uno strumento utile per una piccola panoramica su realtà underground anche molto diverse tra loro: date un ascolto a questo “Heralds Of The Duat” ma state attenti a non risvegliare dal suo lungo sonno qualche mummia che potrebbe scagliare su di voi la sua sanguinaria maledizione!

https://downwiththemosthigh1.bandcamp.com/album/heralds-of-the-duat

REVIEW OVERVIEW
Voto
71 %
Previous articleWraithfyre – Of Fell Peaks And Haunted Chasm
Next articleSangue e inchiostro: l’arte di Welt tra tatuaggi, pittura e oscurità
decayed-caixao-cemetery-lights-heralds-of-the-duatTRACKLIST <br> Decayed 1. A Warrior’s Sword-Intro; 2. Beneath The Sands; 3. The Pharaoh’s Curse; 4. Gate Of The Dead; Caixão 5. Set; 6. Baset; 7. Peseshkef; 8. Khener; 9. Serapeum; Cemetery Lights 10. Dreams Into Necropolis; 11. Reconstruction Of The Tomb; 12. Conspiracy With The Gods <br> DURATA: 41 min. <br> ETICHETTA: Down With The Most High <br> ANNO: 2024