Sangue e inchiostro: l’arte di Welt tra tatuaggi, pittura e oscurità

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In questa intervista esclusiva, Welt ci guida attraverso il suo universo artistico oscuro e visionario, dove il metal, il paganesimo e l’horror si fondono con il suo inconfondibile stile. Con oltre vent’anni di esperienza, Welt è riconosciuto non solo come tatuatore, ma anche come musicista e creatore di artwork per bands come Slayer, Saint Vitus, Zora, Goblin, Exciter. Dall’impatto folgorante degli Iron Maiden alla creazione del progetto “Sangue”, il suo percorso è intriso di passione, simbolismo e mistero. Un viaggio affascinante che unisce sangue, inchiostro e creatività, tra arte antica e tradizione.

Ciao Welt, benvenuto su Blackmetalistkrieg. Vorrei iniziare questa intervista chiedendoti di introdurre ai lettori una panoramica della tua carriera.

Grazie per l’invito! Guardando ai riscontri sia a livello nazionale che internazionale, credo si possa ormai dire che sono riconosciuto come un artista che opera in un genere specifico, che spazia dal dark fantasy all’arte antica ed esoterica, fino all’horror. Queste sono le principali sfaccettature della mia arte. Questo riguarda soprattutto l’impronta artistica e stilistica del mio lavoro, che si esprime attraverso disegni, pitture e artwork. Inoltre, negli ultimi 20 anni, ho stabilito collegamenti con diversi mondi, come quello musicale, in particolare nell’ambito del metal, e quello cinematografico, soprattutto nell’horror.

C’è stato un evento particolare nella tua vita che ti ha fatto avvicinare al mondo del metal?

Sono cresciuto con il metal negli anni ’80. Quando avevo tra i 5 e i 10 anni, in giro c’era molta musica new wave: Peter Gabriel, Phil Collins, Talking Heads… Mi colpivano molto musicalmente. Poi, quando avevo circa 10 anni, un amico (Picchio) mi ha introdotto al metal, facendomi ascoltare le prime cassette di band come Slayer e Iron Maiden. Era la fine degli anni ’80, e con quei classici fu amore a prima vista. Questa passione è durata fino ai miei 15 anni, quando sono passato all’hardcore punk. A metà degli anni ’90 ho visto tutto crollare con l’ascesa dei rave party, della musica elettronica e del grunge, che hanno praticamente ucciso il metal come lo conoscevamo. Ho trascorso almeno 4-5 anni come punk. All’epoca non c’era internet, quindi scoprivi la musica tramite fanzine e passaparola, che spesso distorcevano la realtà in modi fantasiosi, creando ancora più mistero.

Tattooing at Yama Tattoo Rome

Gestisci Yama Tattoo a Roma da molti anni, e lo studio è diventato un punto di riferimento sia per i tatuaggi sia per la sua attitudine metal. Hai ospitato numerosi meet and greet con figure di spicco del mondo metal. Quando un cliente ti chiede un tatuaggio e ti dà libertà artistica, partendo da un’idea che ha in mente, come lavori su questa idea? Come si evolve il tuo disegno?

Partiamo dal fatto che chi mi cerca come tattoo artist spesso lo fa per il mio stile, non solo per una semplice prestazione tecnica come realizzare una scritta su richiesta. Di solito, è una certa nicchia di persone che apprezza il mio stile a contattarmi, e credo che anche l’atmosfera legata ai meet and greet e al contesto metal giochi un ruolo importante in questo. Tuttavia, parliamo soprattutto di chi è appassionato di un certo tipo di arte e tatuaggi, non solo del metal. Quando mi chiedono un tatuaggio, di solito mi danno un input, un’idea di base, perché un tatuaggio è una creazione condivisa, non è come un quadro che nasce dal nulla e poi viene scelto. Anche se le commissioni d’arte sono simili ai tatuaggi, c’è sempre un dialogo con il cliente, ma mi viene concessa molta libertà creativa. Ricevo un’idea di partenza, la rielaboro a modo mio, adattandola al mio stile. Molte volte ho completa libertà d’espressione e questo mi permette di sviluppare il progetto su carta e poi realizzarlo. Da lì, una cosa ne porta un’altra e il disegno prende forma naturalmente.

Artwork per Incantation

L’ultimo album con la tua band Sangue (“Culś”) risale al 2019. Ti va di condividere qualche dettaglio su questo progetto, che è stato breve ma intenso? Ho trovato il disco molto interessante, con un sound primitivo e cavernoso. Inoltre, ci sono piani futuri per la tua carriera musicale?”

Riguardo Sangue, è vero che ne abbiamo parlato poco e che il progetto ha seguito una strada abbastanza underground, soprattutto perché non abbiamo utilizzato i social media per promuoverlo. Era una scelta consapevole, data la nostra vita impegnata. Non che la musica fosse meno importante, ma semplicemente avevamo meno tempo per approfondirla e promuoverla. Nonostante tutto, è stata una grande passione e c’era una certa predisposizione, a mio avviso, per qualcosa che potesse evolversi nel tempo. Il progetto Sangue, per quanto interessante, era il primo che realizzavamo insieme. A proposito di esperienze passate, ho suonato nei gruppi metal alla fine degli anni ’90, ma non c’è stata molta visibilità su queste esperienze. Avevo un gruppo thrash metal a metà degli anni ’90, ma non è mai decollato. Dopo la transizione al punk hardcore, ho creato alcuni progetti hardcore punk, molto influenzati dalla nostra attitudine punk, ma anche con elementi sperimentali. Usavamo synth, strumenti costruiti da noi, sirene di allarme campionate, insomma era piuttosto folle. Sarebbe interessante riprendere e ristrutturare questi progetti oggi, ma non mi ero mai dedicato seriamente alla produzione di un album completo fino a Sangue. Sono soddisfatto di quel lavoro e del modo in cui è stato realizzato. Abbiamo deciso di fermarci dopo l’album, anche a causa delle complicazioni e degli impegni di tutti i membri. Sebbene il disco sia andato discretamente e ci fossero richieste di tour e di ulteriori sviluppi, abbiamo scelto di non proseguire in quella direzione. Per quanto riguarda il futuro, sto lavorando a un progetto solista che inizierà presto. Sarà qualcosa di molto diverso, sempre nell’ambito metal, ma con influenze di ambient, dark ambient e krautrock. Il concept sarà molto legato al paganesimo e alla natura, ma non sarà new age. Ho appena iniziato a raccogliere informazioni su come produrre questo tipo di musica specifica e particolare. Se ne parlerà meglio tra un anno, visto che è ancora in fase di sviluppo.

Live Painting Mia e Live solo del Maestro
Simonetti’s Goblin al Parco dei Mostri 

Rimanendo sulla band Sangue, volevo chiederti qualcosa riguardo agli artwork dell’album, che sono stati realizzati da Timo Ketola. Ho notato che Timo ha trascorso molto tempo nella tua bottega. Come è nata la vostra amicizia e come sono stati concepiti questi due artwork? Ti va di raccontarci qualche dettaglio in merito?

Certamente, è giusto tributare il merito a Timo, che ha avuto una carriera artistica molto importante. La questione è che, riguardo a Sangue, condividiamo gli stessi interessi, e ho creato il concetto di “etruscan death metal” ispirato dai siti etruschi nelle campagne, dai piani di altari sacrificali e dalle tombe. C’è una psicologia e un misticismo affascinante dietro a tutto questo. Timo era uno dei pochi che condivideva questa passione, quindi lo coinvolgevo spesso nelle passeggiate nei luoghi che amavamo. Entrambi amavamo questi posti e spesso ci trovavamo a riprodurre scene con acquarelli e schizzi. Sono stato felice di affidargli la realizzazione della copertina dell’ep e dell’album, visto che è un artista con una carriera consolidata, molto più lunga della mia. Il suo interesse per l’etruscologia e il fantasy era perfetto per il nostro progetto. Per l’album, abbiamo deciso di dare a lui la parte principale dell’artwork, anche se abbiamo contribuito con alcuni elementi. Timo apprezzava il nostro approccio al metal grezzo, al black metal e al black death, che non era commerciale ma molto underground. Gli piaceva l’idea di un genere più grezzo e autentico. Anche se non abbiamo raggiunto un livello tecnico eccellente, il nostro progetto aveva cuore e istinto, e questo gli piaceva molto. Durante quegli anni, Timo ha passato molto tempo nel nostro studio e ho sempre avuto grande rispetto per lui come artista e pittore. Condividiamo un’affinità per l’arte e la natura, e preferivamo trascorrere il tempo nelle campagne a disegnare e discutere di arte piuttosto che in città. È stato un onore averlo con noi e crescere insieme come artisti. La collaborazione ci ha permesso di apprendere e influenzarci reciprocamente. È stato un periodo di grande crescita per tutti noi, e anche se la vita può essere dura, abbiamo imparato a prenderla per quello che è. A proposito di In Memoriam, vorrei citare anche altri, che meritano attenzioni per i loro lavori (oltre che come persone), Enzo Sciotti, Alessandro il Velletrino, Claudio Lattanzi.  

Live Painting con i Conan al Frantic Fest

Se dovessi scegliere tre artwork che hanno avuto un impatto significativo su di te e sulla tua carriera, quali sarebbero?

Iniziamo con la copertina dell’ep dei D.R.I. che mi ha colpito particolarmente “Violent Pacification”. È un artwork che esprime pura violenza e ha avuto un impatto notevole su di me. Mi ha affascinato anche per il suo legame con il mondo dei fumetti e per la sua critica sociale, che era abbastanza rivoluzionaria all’epoca. Un altro artwork che considero fondamentale è quello di Derek Riggs per gli Iron Maiden. I primi dieci album degli Iron Maiden sono un culto universale, e la copertina di “Seventh Son Of A Seventh Son” è particolarmente mistica e affascinante. La complessità e il dettaglio dell’opera sono davvero impressionanti. Infine, c’è l’artwork di “Hell Awaits” degli Slayer. Anche se non è perfetto come alcune opere successive, cattura lo spirito crudo e underground del thrash metal dell’epoca. È un’opera che riflette la spontaneità e l’energia della scena metal estrema. Ci sono molti altri album e artisti che mi vengono in mente, ma questi tre sono sicuramente tra i più influenti per me. Sono contento di aver avuto l’opportunità di rispondere a questa domanda, anche se è stata una sfida selezionare solo tre esempi.

Tattoo

Visto che stiamo parlando di artwork e artisti, volevo chiederti un’opinione sull’argomento caldo del momento: l’intelligenza artificiale.

Il punto è questo: la tecnologia dovrebbe essere un supporto, non una sostituzione. L’essere umano ha dimostrato grandi capacità nel corso della storia, e queste qualità devono emergere prima di tutto. Quando la tecnologia, come l’intelligenza artificiale, inizia a sostituire il lavoro umano, non lo condivido. Non mi metto a fare polemiche online, perché preferisco dedicarmi al mio lavoro e non rischiare di compromettere ciò che faccio con idee superficiali che potrebbero essere fraintese. Tornando al discorso, l’intelligenza artificiale per me non è un supporto, ma una sostituzione. Le tecnologie, se gli diamo il potere, ci stanno portando ad essere dei robot non molto lontani dai racconti di Philip K Dick. Forse un lato positivo sono le tante references in più per noi artisti. Però… è simile a ciò che criticavo nella digital art: spesso elimina la manualità e semplifica troppo. Anche nel mondo del tatuaggio, vediamo persone che disegnano e dipingono con l’iPad, perdendo così una parte dell’artisticità. Un aspetto importante dell’arte è che anche l’errore può diventare una qualità, qualcosa che rende un’opera viva e unica. L’intelligenza artificiale, invece, tende ad appiattire tutto, privando l’arte di quella vitalità e imperfezione che la rende speciale. Inoltre, c’è il rischio che l’intelligenza artificiale contribuisca alla scomparsa di professioni artistiche, così come la tecnologia ha portato alla chiusura di molte attività artigianali in passato. Anche se l’arte ha uno zoccolo duro di estimatori, l’intelligenza artificiale potrebbe comunque creare serie difficoltà per chi vive di questo lavoro. Dobbiamo fare attenzione a come utilizziamo questa tecnologia, limitandola a fini pratici senza permetterle di sostituire il pensiero, la tecnica e la qualità che solo l’essere umano può dare.

Tattoo

Vorrei parlare del tuo lavoro editoriale con “Rock Hard” e del tuo legame con il mondo dell’horror. So che sei un grande appassionato del genere.

Negli anni in cui sono cresciuto, l’horror rappresentava un grande “fottiti” agli status quo della società. I film horror di allora, che ora sono quasi considerati film di famiglia, avevano un impatto molto forte. Pensa a “Nightmare” con Robert Englund nei panni di Freddy Krueger: era tosto, inquietante e decisamente fuori dagli schemi per l’epoca. Il bello dell’horror, per me, è sempre stato il suo essere visivamente e narrativamente provocatorio, un po’ come il punk o il metal. Mi ha sempre affascinato l’estetica e la capacità di raccontare storie in modo così diretto. Per me sarebbe stato un sogno poter collaborare con i grandi artisti italiani del settore, famosi in tutto il mondo. Negli anni ’70 e ’80 vedevo l’horror italiano come una vera scena, con registi, effettisti e musicisti che lavoravano insieme in modo organico. Ma, parlando con alcuni di loro, ho scoperto che la realtà era diversa: si trattava più di singoli professionisti che, pur avendo buoni rapporti, non erano propriamente una scena unita come pensavo. Eppure, proprio questa mancanza di unità, questo equilibrio instabile, ha permesso all’horror italiano di fiorire e lasciare un segno indelebile a livello internazionale. Film e produzioni italiane, con budget spesso molto inferiori a quelli americani, riuscivano comunque a creare effetti speciali e atmosfere incredibili grazie all’ingegno e alla creatività di artisti come Mario Bava, Lucio Fulci e Sergio Stivaletti. L’approccio artigianale di questi maestri ha dato vita a opere che sono ancora oggi ammirate per la loro visionarietà. Nel corso del tempo, ho avuto la fortuna di collaborare con alcuni di questi artisti, non solo attraverso interviste, ma anche partecipando ad artwork ed eventi legati all’horror. L’elemento più affascinante è vedere come queste opere, nonostante il passare degli anni, continuino a funzionare e a essere rilevanti. Questo dimostra quanto l’horror, come il metal, sia un mondo che riesce a rinnovarsi pur mantenendo intatta la sua essenza.

Puoi parlarci della tua collaborazione con Claudio Simonetti e dell’evento al Parco dei Mostri di Bomarzo? Sarebbe fantastico se potessi condividere anche qualche dettaglio sul Parco dei Mostri per coloro che non lo conoscono bene.

Recentemente ho fatto un percorso espositivo delle mie opere ispirate al sacro bosco o parco dei mostri a Bomarzo. Disegno anche molto loro merch esclusivo. Invece di una classica inaugurazione, è stata fatta una mia live painting (acrilico su tela) durante il solo concert del maestro Claudio Simonetti leader dei Goblin. È stata magnifica! Trovarmi a diventare un tutt’uno con le musiche di un grande artista come lui è emozionante e devo dire che pittura e musiche dei film di Argento si connettevano perfettamente, specialmente dopo un giro tra le sculture enigmatiche del parco. Il quadro è stato poi venduto a uno spettatore. La zona esterna che avevamo scelto è la Locanda del mostro nel sacro bosco, così c’era anche un servizio di cena con prodotti locali di qualità. Si sta parlando di alcuni nuovi progetti nell’area monumentale, vedrete online aggiornamenti. Il parco dei Mostri è un luogo stupendo, unico al mondo. Consiglio vivamente una visita. Chi ama l’arte fantastica, mitologica, simbolica e grottesca non può perderlo! Anzi consiglio di prendersi dei giorni, così si può vedere anche la zona circostante piena di siti protostorici nelle foreste veramente misteriosi. La Tuscia è un luogo ancora ricco di magia e il Sacro Bosco è tra i più affascinanti da vivere. Spero che il turismo sia sempre sensibile al rispetto dell’ambiente circostante per preservarlo. Non a caso è stato sede in passato anche di film di genere internazionali.

Artwork per Goblin / Argento Lp 

Quale consiglio daresti oggi a un giovane che si avvicina al mondo del metal?

Prima di tutto, esci di casa e vai a comprare un vinile in un negozio di dischi invece di ordinarlo su Amazon. Questa esperienza ti permette di immergerti nel mondo reale, fuori dall’ambiente digitale in cui siamo spesso immersi. Oggi molti giovani vivono prevalentemente online, il che ha cambiato radicalmente la dimensione sociale. Se un ragazzo vuole avvicinarsi al metal, può facilmente perdersi nella vastità di gruppi e generi disponibili su Internet. Per questo è importante partire dalle basi: cerca un negozio di dischi nella tua zona. Quando vai in un negozio, esplori i vinili e parli con altri appassionati, è lì che inizia il vero percorso di scoperta musicale. L’idea è di uscire e confrontarsi con persone reali. La cultura metal, come qualsiasi altra, vive di queste interazioni. Se ti affidi solo al digitale, rischi di perderti. È molto più gratificante scoprire musica e capire se è autentica, attraverso incontri e dialoghi reali. Ovviamente, un altro passo fondamentale è partecipare ai concerti. Non solo per la musica, ma anche per l’aspetto sociale che offre la comunità metal. Negli ultimi anni, i concerti hanno vissuto un periodo di crisi, ma ora stanno riprendendo, anche grazie a un ricambio generazionale. Alla fine, se sei una persona sensibile, anche un approccio digitale può lasciarti qualcosa. Tuttavia, è essenziale andare oltre i 30 secondi di un video su Instagram e immergersi davvero in un mondo. Solo così puoi scoprire la vera essenza di un genere musicale o di una cultura, e non fermarti alla superficie.

Se volessi lasciare un messaggio a chi leggerà questa intervista, cosa diresti?

Vivi le tue esperienze sperimentandole direttamente, senza troppi intermediari, sia che si tratti del cellulare, di qualcosa online, o dell’amico dell’amico che ti dice cosa è giusto o sbagliato. Vaffanculo, provalo da solo. Crea un sistema etico perché l’etica e i principi sono fondamentali. Cresci con questi e starai molto, ma molto meglio.

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