Horns & Hooves, moniker davvero carino e sicuramente caprino. Loro sono un power trio di New York, forse poco noto ai più ma attivo ormai da un decennio abbondante e con alle spalle un paio di ep e il debutto sulla lunga distanza, che risponde al nome di “I Am The Skel Messiah”, edito nel 2022. E cosa suonano i nostri simpatici seguaci del satanasso? Difficile definire la loro proposta musicale. Si tratta in linea di massima di un black metal dalle ampie reminiscenze heavy-speed, che il combo di Brooklyn declina in maniera assolutamente schizofrenica, facendosi portavoce del motto “cambio riff e pure stile ogni trenta secondi circa, oh yeah!”. Eh sì perché in questo mini c’è veramente un po’ di tutto, come nei loro lavori precedenti del resto, pur restando le radici del loro sound legate a certe sonorità old school, vicine a realtà come Midnight, Spite, Negative Plane, Mongrel’s Cross e anche Absu, se vogliamo, per qualche spunto più marcatamente black-thrash che compare nel riffing qua e là.
Si può certamente parlare di un piglio progressive nel loro modo di comporre e suonare, e mi pare di vederli in sala prove che dicono: e qui ci mettiamo un bello stacco acustico, che nessuno se lo aspetta! E qui? Ecco un tappeto di tastiere rituali-esoteriche, che ci sta proprio a pennello! E perché non ci mettiamo anche un bell’intermezzo dal sapore synth-pop ma non troppo? Ma certo, ed ecco pronta “Shallow Blue (Hesitation)”! E un bell’assolo melodico? Ma sì, mettiamocene anche più di uno, dai! E qua invece pestiamo duro a più non posso! Eppure, forse incredibilmente, in questo guazzabuglio tutto si regge perché, al di là dell’ecclettismo compositivo decisamente nervoso e spinto che suona un po’ tipo “ehi, sentite qua come siamo strani!”, i brani in fin dei conti sono costruiti su trame di chitarra solide e poggiano su strutture che non dispiaceranno tanto agli amanti dell’heavy metal meno raffinato quanto a chi non disdegna il black metal nelle sue declinazioni meno “norvegesi”, e basta l’ascolto di brani come la title track o “Waiting For Creation” per rendersene perfettamente conto.
Quindi possiamo dire che gli Horns & Hooves in definitiva rientrano nel calderone blackened heavy metal che negli ultimi tempi si sta proponendo all’attenzione dell’audience metallica estrema ma non solo, con risultati, come avviene per qualsiasi filone o sottogenere che viene ciclicamente alla ribalta, a volte interessanti ed altre meno. Però non vi ho detto ancora della voce, che contribuisce non poco ad aumentare il tasso di “stranezza”. Un cantato ruvido e possente sì, ma anche ampi squarci quasi clean impostati, perfino recitati, teatrali, ed urla in semi-falsetto da ubriaco, che fanno molto speed metal: insomma, degli Arcturus che si sono drogati tanto e male. Un ascolto io comunque ve lo consiglio e, se vi intrigano, potreste andare a recuperare i loro vecchi dischi, anche se vi potrebbe venire un bel mal di testa. Di sicuro però non si può dire che gli Horns & Hooves non abbiano un approccio in senso lato personale, il che di questi tempi è una cosa per niente scontata. Probabilmente a Lucifero piace anche il metal suonato così: viva le corna e gli zoccoli!