Nonostante la loro recente genesi, che risale al 2020, i transalpini Diablation hanno già pubblicato tre full length, confermando la loro progressione compositiva con questo nuovissimo “Irrévérence”, che esce per la connazionale Osmose Productions. La band di Bordeaux sfrutta al massimo l’elemento atmosferico e sinfonico, ben presente anche nei precedenti lavori, riempiendo di esso qualsiasi spazio o pausa e rendendolo ancor più elegante, quasi sfarzoso. Approcciarsi a un lavoro come “Irrévérence” potrebbe non essere semplice e sicuramente un ascolto superficiale non sarebbe sufficiente per apprezzarlo. I Diablation sono maniaci della perfezione e questo traspare da ogni singola nota, in un’alternanza tra sfuriate black metal e costanti break nei quali viene fuori l’anima più oscura e sognante della band, che rende l’ascolto un vero e proprio viaggio umorale. Mai banali per quanto riguarda le liriche fin dal primo lavoro in studio del 2021, questa volta i nostri immaginano e narrano di un popolo nel futuro che viene salvato dall’imminente apocalisse. Questo viaggio fantascientifico e trascendentale è supportato da una prestazione marziale e imponente da parte della band: e se la base ritmica guidata da Maximilien B. al basso e IX alla batteria ci martella con ritmi frenetici e sempre sostenuti, bisogna fare un plauso ai synth di V. Orias A., mastermind e compositore, che danno spessore ad ogni brano e rendono l’album nel complesso estremamente fluido. Partendo da “Eternel”, opener del disco e vero apice dello stesso, già da subito notiamo come le chitarre siano al servizio del pezzo ed abbiano un ruolo quasi da comprimarie.
Infatti “Irrévérence” non è il classico disco basato sui riff, ma questi piuttosto fungono da “riempitivi” in quanto le chitarre hanno suoni molto puliti ed eterei e si uniscono in maniera indissolubile alle tastiere, formando così un unico e sognante tappeto sonoro, sul quale spiccano le vocals del singer Vicomte Vampyr Arkames (ex cantante dei Seth). Il suo cantato stentoreo è probabilmente il vero protagonista del platter, anche se in alcuni momenti forse risulta “troppo avanti” rispetto al resto, ma è qualcosa a cui ci si abitua subito, così come le liriche in francese che, grazie alla pulizia dei suoni, possono apparire forse un po’ invasive. La tirata “Chrysanthèmes Au Nouveau Monde” è il pezzo più diretto ed heavy del disco, con un guitarwork che rende giustizia al leader della band, senza tuttavia tralasciare l’elemento atmosferico, specialmente nella sua coda, caratterizzata da un riffing tanto epico quanto arioso.
Con la feroce “Le Dernier Roi”, altro pezzo violentissimo dal guitarwork impeccabile, si conclude questo spettrale cammino nell’universo dei Diablation, che anche questa volta non deludono le aspettative, inanellando un altro tassello di una discografia finora breve ma degna di nota. Gli appassionati di black metal sinfonico dal piglio “cosmico” avranno pane per i loro denti: tanta qualità per un disco da primi della classe.