Questa è una di quelle classiche serate a cui ogni amante del metal estremo dovrebbe partecipare, almeno una volta nella vita. E infatti il sottoscritto, benché reduce da una giornata all’insegna delle camminate sotto la pioggia nell’alto Peloponneso, ha riunito i resti della propria carcassa e li ha trascinati fino al Temple Athens, nel quartiere Gazi, teatro di movida locale tra pub e cocktail bar. Ad Atene è necessario spostarsi in taxi per giungere agevolmente nei vari angoli della città e, dopo la non facile ricerca di una macchina gialla (essendo sabato), arrivo a destinazione rendendomi subito conto che la serata avrà una buona partecipazione di pubblico. Le due band in cartellone sono ghiotte e giocano in casa: gli ateniesi Dephosphorus calcano le scene da oltre un decennio e hanno ben quattro full length alle spalle; d’altro canto c’è una certa curiosità per i loro più giovani concittadini Decipher, che hanno debuttato con “Arcane Paths To Resurrection” (ben accolto dalla critica specializzata), prodotto niente meno che da George Emmanuel dei Lucifer’s Child e distribuito dall’attivissima Transcending Obscurity Records. Il Temple Athens è il tipico club per musica dal vivo: seppure possa capitare che l’acustica non sia il massimo, è dotato di una buona visibilità da qualsiasi punto della venue, considerato che è fornito pure di un piano superiore; sono presenti due bar, cosa incredibile per una location di grandezza limitata come questa, e la sua relativa vicinanza al centro della capitale ellenica lo rende facilmente raggiungibile.
Il pubblico è già abbastanza numeroso quando i Dephosphorus iniziano il loro show picchiando come dei maledetti per il piacere di tutti i presenti che, a dire il vero, sfoggiavano in gran parte proprio la maglietta del combo deathgrind, o meglio “astrogrind”, come amano definirsi loro. La proposta è una sorta di massacro collettivo, con le urla laceranti del singer Panos Agoros sempre in primo piano. Nonostante l’assalto sonoro sia davvero brutale, si nota come la band sia comunque alla ricerca di atmosfere più trascendentali, a loro modo eteree e cariche di pathos, incarnate attraverso intermezzi che si alternano a sfuriate totalmente debitrici al grind old school. Il delirio prosegue per circa un’oretta, con i quattro che non si danno pace: pochi fronzoli e tanta violenza che ci catapulta in un’altra dimensione, complice anche il buon gioco di luci e fumo che fanno da cornice a uno spettacolo viscerale e di spessore. Non avevo mai sentito la band e mi ha stupito in quanto a impatto e convinzione: tutto sembravano tranne che il mero “special guest” della serata. Il cambio palco è rapido e ho appena il tempo per una birretta fresca (che costa ancora quattro euro…) e per dare un’occhiata al merch, con tanto di locandine gratuite dell’evento che fanno bella mostra di sé, quand’ecco che parte “Emanation I”, l’intro dei Decipher. Come detto, attendevo di vedere all’opera queste giovani promesse che propongono quello che potrebbe essere banalmente definito un blackened death metal old school, suonato però con personalità e fresca ispirazione, spostando l’ago della bilancia verso la direzione black e cercando di fare qualcosa di più del semplice compitino-omaggio ai numi tutelari del genere.
“Chants Of The Unholy”, opener dell’album d’esordio, parte con tutta la sua rabbia, tra fumo e luci che creano un’atmosfera malsana. Il palco è arricchito da backdrop con tanto di logo della band e i nostri si destreggiano con estrema confidenza, come se avessero molti più anni di esperienza. Questo mi ha colpito, insieme all’estrema dedizione che il gruppo ha riservato anche all’aspetto tecnico ed esecutivo, impeccabile e privo di sbavature, senza tralasciare l’interazione con il pubblico, costantemente coinvolto dal frontman Kostas Gerochristos, davvero a suo agio nell’addomesticare i suoi discepoli.
La setlist per forza di cose va a pescare a piene mani dal debut album che viene proposto quasi per intero, con ben poche soste, passando da “Lost In Obscurity” a “Arcane Paths” e “Enslaved To Be”. Una performance tutta sostanza per i nostri, sino alla chiusura affidata a “Renaissance Litany” che vede ospite alle vocals Manos Six e conclude lo spettacolo con un tocco liturgico, per la soddisfazione dei presenti. Giusto il tempo di un altro drink e di fare due chiacchiere con il sempre disponibile George Emmanuel, che la sala si svuota e i presenti prendono a popolare il marciapiede davanti al locale. Questo fa sempre sentire un po’ a casa e suggella una serata piacevole, all’insegna del metallo più muscolare.