I finlandesi Barathrum sono il classico esempio di gruppo di “seconda fascia”, a suo modo storico, quanto meno per la longevità e la lunga militanza sulla scena, che a torto o a ragione non è mai riuscito a guadagnare visibilità tanto quanto più illustri colleghi. Sono anche un buon esempio di come si possa suonare black metal in maniera diversa da quanto a tutta prima si potrebbe pensare parlando di una band finlandese (almeno a partire dagli anni duemila, da quando cioè si è imposta la così detta “scuola finlandese”, con tutti i suoi luoghi comuni, nel bene e nel male). Formatasi nel lontano 1991, la band capitanata dal cantante Demonos Sova ha sempre tenuto fede ad una propria visione del black metal particolarmente heavy oriented e caratterizzata dalla presenza di due bassi, cosa che rende il loro sound molto pieno e cavernoso nelle parti più lente e dannatamente groovy in quelle più lanciate. Una visione, se vogliamo anche abbastanza personale, radicale e contro corrente rispetto al classico sound made in Finland, che è sostanzialmente sempre rimasta uguale a sé stessa.
Anzi nel corso della loro lunga carriera, che vede una discografia molto nutrita all’inizio e più rada negli ultimi anni, l’elemento metal (e non intendo solo heavy ma anche thrash e doom) è diventato probabilmente ancora più centrale innervando struttura e sound dei brani in maniera irreversibile. Le cose non cambiano con questo nuovo “Überkill”, decima fatica sulla lunga distanza, che segue di ben sette anni il precedente “Fanatiko” (album nel complesso piuttosto caciarone e maleducato), di cui prosegue il discorso senza particolari novità. Una conferma quindi, sia per i più attempati che seguono la band fin dagli esordi sia per chi dovesse averli conosciuti strada facendo, nonostante quasi tutte le canzoni qui presenti siano state scritte da Ruttokieli, in passato bassista ed ora chitarrista dei Barathrum ma certamente più noto per i progetti Sielunvihollinen e White Rune, con i quali propone sonorità ben diverse.
Chiamatelo heavy black metal o blackened heavy metal, chiamatelo un po’ come vi pare, fatto sta che questa roba i Barathrum la suonano da ormai più di trent’anni e allora, quando in pochi si facevano le pippe per le sottili distinzioni tra i generi, non importava niente a nessuno e questo era semplicemente black metal, come in effetti è. Canzoni semplici e lineari ma non per questo raffazzonate, riffing solido, a tratti perfino orecchiabile e da headbanging assicurato, rallentamenti paludosi e doomeggianti alternati con classe e lucidità a sparate graffianti decisamente più thrash oriented. Insomma i Barathrum non hanno avuto il “successo” di altri e probabilmente non sono stati dei prime movers come altri ma hanno sempre avuto uno stile personale e il loro sporco lavoro lo hanno sempre fatto con dignità e attitudine, e naturalmente nel nome del caprone.
E continuano a farlo con grande convinzione: basti ascoltare canzoni come l’opener “Death By Steel”, la violenta “Ritual Murder” o la più cadenzata e oscura “Dark Sorceress”, che a mio giudizio è anche il pezzo migliore del lotto. Senza dimenticare la prova vocale di Demonos Sova, che qui come in altre circostanze ha scritto tutti i testi (più o meno caratterizzati da quella blasfemia da sagra del carciofo per cui battono i nostri cuoricini neri: non siamo ai livelli di “Pope Corpse Tattoo”, presente nell’album precedente, ma ci avviciniamo molto) e li declama con il suo tipico cantato rauco e urlato a squarciagola, che non disdegna qualche momento di ubriachezza molesta da osteria di infimo ordine. Insomma “Überkill” è un disco dei Barathrum, prendere o lasciare. Capolavori non ne hanno mai fatti ma nemmeno dischi di merda: con loro cascate sempre abbastanza bene e quest’ultima fatica non fa eccezione.