Se sino al precedente “The Redemptive End” l’uscita di un nuovo disco dei Groza poteva destare curiosità, oggi dal nuovo parto “Nadir” aspettiamo conferme e certezze. Infatti, forte di buone prestazioni in sede live e del marketing spinto della AOP Records, il gruppo ha dimostrato di non accontentarsi del ruolo di “buona band tra le tante” ma ha dato prova di una crescita esponenziale, dimostrando di avere tutte le carte in regola per dire la propria anche in un contesto più ambizioso e dai connotati maggiormente mainstream. E se già nel precedente lavoro traspariva la volontà di scrollarsi di dosso l’etichetta di “costola dei Mgla”, con questa nuova fatica in studio ciò si concretizza modellando e sfaccettando una proposta musicale che si trasforma da un più canonico black metal atmosferico a una sorta di post-black che mantiene i richiami malinconici del passato tracimando tuttavia in qualcosa di più multiforme ed eterogeneo ma al contempo appetibile per un pubblico più vasto. Un’evoluzione intelligente (anche se qualcuno potrebbe non condividerla), che evidenzia le ambizioni del leader P.G., attento anche al mercato e pronto a cogliere l’opportunità per catapultare la band su un altro livello, così come sta accadendo a Uada, Gaerea e Harakiri For The Sky. Senza troppi giri di parole questo disco è il naturale prosieguo di “The Redemptive End”, del quale coglie l’anima melodica e le atmosfere negative e deprimenti, con un suono moderno, strutture complesse, fraseggi articolati e composizioni tecniche e ricche di cambi di tempo, facendo emergere il duplice significato del titolo.
Infatti, se “nadir” in arabo vuole dire “prezioso, raro o straordinario”, allo stesso tempo per “nadir” in astronomia si intende l’intersezione della perpendicolare all’orizzonte passante per l’osservatore con l’emisfero celeste invisibile, ossia l’opposto dello “zenit”. Se i Groza volevano dirci che per loro si tratta del disco migliore mai registrato o di qualcosa di completamente diverso rispetto ai precedenti lavori, non è dato saperlo. Sta di fatto che la prima parte del lavoro, ossia quella che comprende “Asbest” e “Dysthymian Dreams”, con “Equal. Silent. Cold” a fare da spartiacque, rimane sostanzialmente fedele al marchio di fabbrica della band, mentre nella seconda parte, quella composta da “Deluge” e “Daffodils”, per un totale di quasi venti minuti, si percepisce chiaramente la volontà di andare oltre, di osare e alzare l’asticella, misurandosi con qualcosa di più evoluto e centrando quasi del tutto il bersaglio. Infatti se “Deluge” è un ottimo pezzo dalla struttura tutto sommato classica per il genere, con un break atmosferico centrale che sfuma in una ripartenza infuocata da sicuro headbanging, la seguente “Daffodils”, che vede ospiti i citati Harakiri For The Sky, si fa apprezzare per i passaggi di classe e le deliziose ricercatezze ma allo stesso rischia di perdersi in momenti evitabili che potrebbero appesantire l’ascolto.
In ogni caso la performance del gruppo tedesco è di alto livello, con un P.G. in grandissimo spolvero e T.H.Z. letteralmente micidiale dietro le pelli, anche se la produzione risulta forse troppo compressa compromettendo in parte la pulizia che questa proposta meriterebbe. Le atmosfere di tristezza, malinconia e rabbia restano immutate, se non addirittura enfatizzate, così come la potenza dei pezzi, veloci e cattivi, anche se il lato atmosferico della proposta diviene ancora più marcato: i Groza offrono un disco che potrebbe finire nella top ten di questo 2024, per la gioia dei fans di vecchia data e di chi cerca qualcosa di cupo ma di grande impatto. PS: un premio a chi capisce cos’è rappresentato in copertina.