Stefan Necroabyssious, storico singer dei Varathron, ultimamente sembra essere diventato una sorta di Re Mida del black metal ellenico, nel senso che tutto quello che tocca si trasforma in oro. E così dopo i buoni Katavasia e gli ottimi Funeral Storm, entrambi doverosamente recensiti sulle nostre pagine virtuali, è la volta di questi Thyrathen, che vedono la partecipazione anche di Corax S. (ex Nocternity) e di Alexandros (Macabre Omen) e che con il presente “Lakonic” giungono alla seconda fatica sulla lunga distanza, a tre anni dal debutto “ThanatOpsis” che aveva suscitato discreta impressione tra il pubblico e sui portali di settore. Considerato il background dei musicisti coinvolti nel progetto non sarebbe nemmeno il caso di specificare che questo è un disco di black metal greco nel senso pieno del termine, e non solo con riferimento alla provenienza geografica. Qui infatti ritroviamo tutti gli elementi salienti di quel sound così particolare e ammaliante, allo stesso tempo infernale e avvolgente, dalle marcate sfumature heavy e dall’alone occulto, che si è sviluppato a partire dai primi anni novanta, pressoché in contemporanea con la seconda ondata scandinava ma seguendo una strada del tutto diversa. Quel marchio di fabbrica classico e caratteristico viene in quest’occasione in parte rivisitato alla luce di un approccio decisamente oscuro e drammatico, plasmato su un concept sia fantasy che filosofico e su canzoni che spesso e volentieri si lasciano andare a momenti teatrali.
Abbondano infatti cori in clean vocals dal sapore vagamente epico e parti narrate, mentre qua e là fa la sua comparsa la lira antica, a cura di Thanasis Kelopas, uno strumento dal suono particolarmente dolente e profondo che ben si inquadra nello stile del disco e finisce a sua volta per definirlo. Tutti accorgimenti che permettono ai nostri amici di creare una struttura melodica e poetica assai riuscita facendo a meno delle tastiere, che tradizionalmente vengono utilizzate dalla maggior parte delle band per dare corpo a questo genere di atmosfere. E questo, applicato a brani dalla costruzione tutto sommato classica ma che non rifuggono una certa propensione “progressiva”, esalta e massimizza abilmente l’aspetto per così dire più “metal” del black metal, come sempre avvenuto in Grecia, e conferisce all’album un’impronta solenne e cerimoniale.
Queste sono le caratteristiche essenziali di un disco che in sostanza non presenta momenti di stanca e si mantiene per tutta la sua durata su livelli qualitativi da far invidia a moltissimi colleghi, anche di comprovata esperienza, ma che ha nella sua parte centrale il proprio cuore pulsante, rappresentato da una manciata di brani nei quali tutti gli elementi del suono targato Thyrathen sembrano amalgamarsi alla perfezione. “Matter, Void, Sperm”, “De Rerum Natura” e la suite “Η Πόλις – The City (The Philosophical Poem)” sono un trittico superbo, dove melodie di stampo ottantiano, dal piglio “catchy”, e cori ariosi si sposano con un riffing granitico e uno screaming rauco ma sufficientemente espressivo. Qui siamo molto lontani dal tipico gelo nordico e, se è questo quello che cercate, avete senz’altro sbagliato disco. Se invece non disdegnate un approccio se vogliamo più “ragionato” ed atmosfere tragiche e drammatiche, allora questo “Lakonic” farà sicuramente al caso vostro. Una parziale rielaborazione dei luoghi comuni della scuola greca che in parte applica a quel black metal la lezione dei migliori Septic Flesh e che, comunque la si voglia definire, a mio modesto giudizio si candida ad essere una delle uscite dell’anno.