Spesso l’etichetta tedesca Iron Bonehed Productions si occupa di ripescare vecchie cose sepolte sotto la polvere, band che in pochi ricordano e che si portano dietro il proverbiale alone di culto (che è sempre bene tirare in ballo in casi simili). I connazionali Naked Whipper rientrano sicuramente nel novero. Formati nel 1993 dal mastermind Dominus A.S., pubblicarono lo stesso anno l’ep autointitolato di debutto, al quale seguirono nel 1995 l’album d’esordio “Painstreaks” e l’ep “Moloch: Acid Orgy”, lavori molto lontani dalle sonorità black metal che allora dettavano legge. Durante gli anni di massimo splendore della così detta “seconda ondata” infatti i Naked Whipper pensarono bene di proporre una miscela violenta e provocatoria di black old school (quello che era old school ai tempi) e grind, pescando a piene mani dal putridume che usciva in quegli anni dalle catacombe brasiliane, dai Blasphemy, dai tedeschi Blood (non a caso Dominus A.S. cantò nel loro “Christbait” del 1992) e dai primi Impaled Nazarene, con i Napalm Death degli anni ottanta a fare da ideale filo conduttore. Insomma proto bestialità serrata e selvaggia, condita dalla classica blasfemia esagerata e, tanto per gradire, da una buona dose di sadomasochismo, come suggerisce il nome stesso della band, e perversioni sessuali variamente assortite. Per molto tempo queste restarono le uniche pubblicazioni in casa Naked Whipper perché i nostri amici entrarono in una fase letargica che durò diversi anni, non ufficialmente sciolti ma nemmeno in attività. Fino ad arrivare all’inaspettata partecipazione, un paio di anni fa, alla terza edizione del Never Surrender, festival organizzato sempre dalla Iron Bonehed Productions, ed ora, con quella stessa formazione, alla pubblicazione di questo “Chapel Defilement”, seconda fatica sulla lunga distanza, sicuramente attesa dai pochi che li avevano seguiti fin dagli esordi.
Di cambiamenti stilistici non è nemmeno il caso di parlare. Com’era facilmente prevedibile questo disco continua il discorso del suo predecessore dal punto di vista musicale ed estetico come se il tempo non fosse passato, godendo però di una registrazione decisamente più professionale e di una scrittura più compatta se non più raffinata, elementi che nell’insieme rendono l’album feroce e caustico ma, al tempo stesso, in un certo senso “orecchiabile” e (perché no?) perfino “divertente”. Infatti, pur essendo in linea di massima riconducibili al gran calderone del metal of death, come testimonia anche la copertina opera dell’inconfondibile mano di Chris Moyen, i Naked Whipper hanno un approccio piuttosto punkettoso e grindoso e i brani hanno una struttura solida e classica, cosa che, da un lato, scongiura l’effetto “cacofonia tipo centrifuga della lavatrice a velocità smodata”, rendendoli abbastanza diversi dalla maggior parte dei loro colleghi in un genere al momento irrimediabilmente sovraffollato e, dall’altro, rende possibile distinguere agevolmente i riff. Insomma una discreta produzione non è sempre un male, anzi.
E basterebbe ascoltare canzoni come l’opener “Depraved To The Bone”, “Fucked On Cross”, “Celebrate Their Downfall” o “The Swinepriest Bedlam”, dalle quali sembrano emergere a tratti addirittura reminiscenze motörheadiane (opportunamente dopate, è ovvio), per capire quanto questo disco suoni vecchio, come se fosse uscito alla fine degli anni novanta, e tuttavia potente e fresco. “Chapel Defilement” è quindi un gradito ritorno ma per molti potrebbe essere una gustosa occasione per conoscere una band che probabilmente ai tempi del debutto era passata troppo in sordina e che invece meriterebbe di essere presa in considerazione dagli amanti dell’estremo in musica.