Gli Shining sono attualmente in fase di stand by e si stanno dedicando a ristampare parte del loro catalogo, cercando anche di offrire qualche piccola chicca agli ascoltatori più affezionati. E così, sulla scia della ristampa di “Redefining Darkness”, originariamente pubblicato nel 2012, ecco uscire, naturalmente in edizione limitata, questo “The Helsinki Tapes”, che contiene le versioni demo delle canzoni finite su quell’album, con un paio di titoli leggermente diversi. Album che, a mio giudizio, è da considerarsi tra i migliori della discografia di Niklas Kvarforth e soci, e sicuramente il migliore della seconda fase della loro discografia quando, dopo aver gettato (insieme ad altri gruppi) le basi del depressive black metal, hanno cominciato ad incorporare nel loro sound altri elementi, spesso anche del tutto estranei al black metal tout court e vicini invece a certo rock “triste” e a roba “post” variamente assortita ma declinata sempre con grande classe. Tutte influenze che si sentono molto bene nel disco e che è interessante apprezzare anche ascoltando queste versioni, più grezze e sobrie, di quelle canzoni, in effetti non troppo diverse da quelle ufficiali pubblicate sull’album ma prive di molti arrangiamenti, qualche assolo, qualche sample, qualche linea vocale e in generale tutto il lavoro che normalmente distingue un demo da un disco vero e proprio.

Secondo Kvarforth questo materiale sarebbe addirittura “di gran lunga superiore all’album stesso”. Ovviamente non è vero ma per chi segue gli Shining potrebbe essere interessante scoprire attraverso un ascolto diretto il processo creativo che ha condotto alla versione finale di questi pezzi. Processo creativo che pare aver avuto luogo in un appartamento della capitale finlandese (da cui il titolo) nel quale il nostro amico trascorse un mese in compagnia di Christian Larsson, ai tempi bassista della band, e di Yusaf Parvez (meglio conosciuto come Vicotnik, mente e motore dei Dødheimsgard o DHG che dir si voglia), in un turbine di scrittura, sperimentazione musicale e “attività dannose” non meglio specificate. Il risultato è questa manciata di brani, un’istantanea uditiva che “fotografa” il passaggio irreversibile dalla fase puramente depressive black metal degli Shining a qualcosa di diverso e imprevedibile ma altrettanto oscuro.

Canzoni come “The Ghastly Silence” (senza gli intermezzi di saxofono, stupendi, invece presenti nella versione definitiva del brano), “Hail Darkness, Hail” e “For The God Below”, con la loro commistione tra black metal degli esordi, passaggi melodici, chitarre acustiche dal sapore intimo e quasi cantautorale, e l’insistita alternanza tra uno screaming particolarmente duro e stentoreo e ampi squarci in clean vocals decisamente eleganti e suadenti, pur potendo far storcere il naso ai sostenitori della prima ora, sono permeate da un intatto senso di disagio e da un’ombra luciferina insinuante che le rende emotivamente più “pericolose” di tante canzoni classicamente black fatte con lo stampino, magari scopiazzando a destra e a manca, che in molti casi finiscono per risultare sostanzialmente innocue. Non so se con “Redefining Darkness”, e quindi con questo più essenziale antenato di quel disco, gli Shining siano effettivamente riusciti a “ridefinire l’oscurità”, come da programmatico ed ambizioso titolo, fatto sta che hanno esplorato nuove strade, dando sfogo ad una ricerca musicale i cui indizi per la verità già si intuivano nei loro precedenti lavori. Una ricerca che va ben oltre i confini ristretti del genere dal quale provenivano, ed al quale comunque restarono e restano tuttora legati, e che contribuì a dare maggiore respiro alla loro carriera ed anche (perché no?) ad ampliare la loro fanbase. E proprio ai fans più irriducibili degli Shining è dedicato questo “The Helsinki Tapes”; a tutti gli altri consiglio vivamente di recuperare l’album.