Genere: nel suo significato più ampio, termine indicante una nozione che comprende in sé più specie o rappresenta ciò che è comune a più specie. A livello cinematografico e letterario genere indica una tipologia di argomenti trattati e, nel nostro caso specifico, una varietà di musica. Il black metal, come mi ha detto qualcuno, è più punk del punk, perché è libero, è il genere musicale contenente più sottogeneri in assoluto, sia a livello compositivo che di tematiche, tanto che sarebbe arduo elencarne tutte le molteplici sfaccettature. Questa prefazione è legata alla band che sto ascoltando ora, i Berlial, duo francese formato da CzH e HellSod che, dopo l’esordio “E.D.P.”, rilascia con la nostrana My Kingdom Music questo “Nourishing The Disaster To Come”, che si distacca completamente dallo stile classico del black metal. Dimenticatevi ritmiche serrate, blast beats estremi, riff al fulmicotone e tutto ciò che caratterizza il genere: questo è un album poliedrico, eclettico, contaminato e non a caso è stato partorito in una scena, quella d’oltralpe, che spesso è stata culla di innovazioni. L’opener “The Last Dance” inizia con un’introduzione tastieristica sottile e sognante sorretta da sintetizzatori corali, preludio ad un attacco aggressivo, dritto, con liriche poderose che sfociano in uno stacco dissonante molto post rock, intricato e acido. Il pezzo prosegue sullo stile tipico delle band post-hc di inizio secolo ed è notevole la parte solista che accompagna verso un finale molto sofferente e angosciante, con suoni cupi e intricati che danno una connotazione molto lisergica. Organi e voci corali introducono “Nouveau Monde”: un inizio leggero che lancia un ottimo pezzo di matrice piuttosto industrial-elettronica, con chitarre pesanti che si inseriscono bene nel contesto e un finale coerente e azzeccato. “We Deserve To Fall Again” è il brano più interessante: un’introduzione molto cinematografica apre le porte ad una sezione lirica brutale, supportata dall’ormai consueto mix di elettronica e metallo. La traccia muta continuamente ma non stanca, nonostante la lunga durata, grazie ad una scrittura varia e coinvolgente, con parti recitate in lingua madre che si alternano a liriche sui generis; il tutto avvolto da un’atmosfera grigia e opprimente, con un finale appassionante ed emotivo, che passa dal metal estremo al post rock in maniera impeccabile.

Dopo l’interlocutoria “Ivresse De La Finitude”, che sostanzialmente ripete lo stesso schema delle altre tracce con meno momenti di spicco e coinvolgenti, è la volta della title track, una locomotiva che corre imperterrita su dritti binari sotto un cielo oscuro: chitarre e sezione ritmica martellano sin dal primo secondo, arricchite da un’ottima interpretazione vocale, piena e imperiosa, che crea un senso di attesa e tiene l’ascoltatore sul filo del rasoio, immerso in un’inquietudine costante. In piena contrapposizione alla traccia precedente “Le Néant Puor Éternité” parte con una sovrapposizione eterea di sintetizzatori che sostengono una parte recitata molto evocativa, preludio alla potenza, alla tristezza e alla rabbia che pervadono quest’ultimo pezzo: la disperazione e il dolore sono protagonisti, un misto di sentimenti negativi che tagliano il respiro, come annegare in un mare di oscurità, divorati dal nulla per l’eternità.

Durante il primo ascolto ero scettico e sull’orlo di cestinare questo lavoro ma mi sono sforzato di capirlo e ora devo sinceramente fare i complimenti ai Berlial: sono una band di tutto rispetto in grado di comporre brani che riescono a trasmettere perfettamente le sensazioni che vogliono esprimere. Non è un disco tipicamente black metal ma decisamente post, ed è quasi certo che i puristi storceranno il naso durante l’ascolto. Ma, citando una celebre frase di Roland di Gilead, “il mondo è andato avanti” e bisogna adeguarsi. I Berlial l’hanno capito e si sente dal primo all’ultimo secondo.