Rigor Sardonicus è un duo americano non certo di primo pelo, con diversi full alle spalle. “Vallis Ex Umbra De Mortuus” è l’ultima fatica in studio dei nostri, e nient’altro è che il prosieguo naturale delle produzioni precedenti, in due parole: Funeral Doom. “Mane De Maeroris”, con la sua litania funebre dal sapore medievale, con tanto di flauti e tamburini, rapidamente ci catapulta, o forse sarebbe più appropriato dire “ci sotterra”, in quello che seguirà. Chitarre pastose, ribassate, che sfiorano livelli massimi di distorsione, non molto distanti dalle sonorità dei Mortician, sfoderano riff pachidermici, solitamente “aperti” e risonanti, ma anche arpeggi semplici e depressivi, assai poco distinguibili per la verità, mentre occasionali frammenti in palm-muting vanno a confondersi col maelstrom sovrastante. Anche il basso contribuisce non poco alla pesantezza del sound: pulsazioni corpose, penetranti, notevolmente manipolate così come le vocals gutturali e sepolcrali. Scelta azzeccata a mio avviso è anche l’utilizzo di una drum machine, dal suono però caldo e compatto, specie per quanto riguarda il rullante, che scandisce tempi opprimenti che lentamente ci trasportano verso l’aldilà. Bisogna però riconoscere che uscite come queste sono indicate principalmente agli amanti del doom più estremo; quindi, se gli amanti del nero e dei cimiteri sbaveranno davanti a cotanta pesantezza, è altrettanto palese che coloro i quali non sono avvezzi al genere potrebbero avere serie difficoltà ad arrivare alla fine dell’ascolto, nonostante la durata non sia eccessiva. I brani infatti tendono tutti ad assomigliarsi, senza evidenti variazioni, fatta eccezione per alcune accelerazioni che se non altro, “alleggeriscono” l’ascolto rendendolo più dinamico. In questo caso segnalo “Alveus De Somnus” e le sue contaminazioni death metal, e la successiva “Prophecies I: Preapocalyptia”, dove i tempi sono, nei limiti del possibile, più trascinanti rispetto ai canoni del genere. Sappiate comunque che in “Vallis Ex Umbra De Mortuus” non troverete ritmiche serrate, tantomeno melodia; canzoni da cinque minuti che sembrano durare un’eternità, apatiche, ossessive, che trasudano morte, solitudine e sangue. Uomo avvisato…
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