A quanto pare negli ultimi anni si cerca di creare sempre più mistero attorno a una band con la speranza di attirare adepti e fans che, a prescindere dalla musica, diventano seguaci di un’entità più che della band stessa. Ciò accade, a mio parere, più che per dedizione alla mera oscurità, per cercare di emergere nella mischia musicale di oggigiorno, con le frontiere abbattute da internet e da tutti i mezzi di comunicazione alla portata dei più, in un mercato che sta diventando sempre più inflazionato da migliaia di bands che si assomigliano un po’ tutte e, lasciatemelo dire, la cui proposta musicale, molto spesso, non arriva a sfiorare la sufficienza. I Temple Desecration li inserisco in quest’ultima categoria per il 50%. Il trio polacco con questo “Whirlwinds Of Fathomless Chaos”, in uscita via Iron Bonehead Productions, fa il suo esordio con un full length dopo sette anni di attività, un ep e un demo alle spalle, sputando il suo odio satanico su tutti i cristiani che incontra. Devo dire che, a primo acchito, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla bella copertina curatissima, demoni, mostri e anime in pena che ci sommergono lasciando allontanare sempre di più la luce della salvezza che appare in cima a questa spirale malvagia che ci risucchia in fondo per i piedi. Quasi ti porta via il respiro. Appena parte “Nameless Hordes”, primo brano dei cinque che compongono la mezz’ora circa del disco, questa sensazione viene decisamente enfatizzata. Una spoken word presumibilmente in polacco funge da brevissima intro prima di essere sovrastata dalla furia cieca di questi satanassi. E’ un attacco frontale senza precedenti, blast e tremolo con distorsioni ovattate e pesantissime, con una voce che assomiglia a un rigurgito continuo, ci colpiscono come fuoco incrociato non lasciandoci un attimo di tregua. Una raw black metal song in pieno stile, senza compromessi, che ci lascia presagire quali saranno le coordinate dell’ album. “Entering the Void” inizia cadenzata, dilaniante e funerea per poi riprendere da dove la precedente traccia ci aveva lasciato, una tromba d’aria di note sparate come siluri su un pacifico paesino di campagna.
Questa sarà la trama del disco, un continuo alternarsi tra blast e tempi cadenzati e ovattati accompagnati da una voce straziante. Fin qui pare la descrizione di un qualsiasi disco black metal come ce ne sono a migliaia, e difatti questo è il problema principale. C’è davvero bisogno di questo “Whirlwinds Of FathomlessChaos”? Le risposte possono essere molteplici, dalle più moderate, alle più negative, alle più entusiaste. Io cerco di fare un discorso razionale basandomi su quello che ascolto, scindendo in maniera netta la parte tecnica da quella emotiva. “Whirlwinds Of Fathomless Chaos” è un disco di black metal violento come il genere effettivamente richiede: inutile girarci attorno, il black va suonato così, piaccia o meno. Un massacro sonoro accompagnato da odio e Belzebù presi a braccetto come fossero dei bastoni guida, zero compromessi. Dal primo all’ultimo minuto i Temple Desecration sputano veleno e rabbia senza fermarsi un attimo, fanno ciò che vogliono, senza pensare alle mode o a quel che possa piacere o meno alla gente, e qui c’è solo da fare un applauso a questi tre teppisti degli strumenti musicali. Purtroppo queste cinque tracce, seppur lasciano intravedere qualcosa di buono e sicuramente l’attitudine malefica dei componenti della band, andranno a finire prestissimo nel dimenticatoio di coloro che avranno dato una chance al gruppo. Il suonare troppo “classico”, per nulla innovativo, senza proporre alcuna soluzione stilistica che possa, non dico uscire dagli schemi, ma dare un’alternativa ai classici canoni del blast, harsh e zanzare, trasmette la sensazione di “già sentito” quasi al limite del noioso, facendo diventare queste tracce tutte “skippabili” senza un rifff, una linea melodica, un assolo che possa risultare memorabile.
Se ci si mette pure una produzione esageratamente ingarbugliata dove chitarre e batteria spesso creano un vero e proprio “whirlwind” (per citare il titolo) sonoro, la frittata è dietro l’angolo. Il basso risulta eccessivamente distorto, come se fosse uscito dall’ultimo disco dei Paradise Lost “Medusa” (paragone limitato al suono del basso così distorto e ovattato), il che non crea fluidità nell’ascolto. C’è da dire che chi ascolta esclusivamente black oltranzista, chi vuole un massacro satanico con orde di demoni incazzati, chi vuole chitarre sputafuoco e vocals degne di un demone pronto all’attacco, potrà apprezzare questo disco; al contempo chi predilige un suono più curato e ricercato, chi non si accontenta del compitino da altare sacrificale per satana, è meglio che vada oltre. Ricollegandomi all’introduzione della recensione concludo con un quesito: il tenere quest’aura misteriosa attorno alla band, senza svelare nomi, chi suona cosa e quant’altro, sarà sufficiente per dare una spinta di notorietà alla band polacca oppure, pur senza tradire le loro radici misantropiche, riusciranno a proporci un lavoro più completo magari basandosi esclusivamente sulla qualità della musica? Ai posteri l’ ardua sentenza.