Gli Istina (in russo “verità”) sono un duo proveniente dalla freddissima Krasnoyarsk, in Siberia, e questo “Revelation Of Unknown” è la loro seconda fatica sulla lunga distanza, a quattro anni dal full length di debutto. L’album è pubblicato senza il supporto di un’etichetta, all’insegna del più intransigente “do it yourself”, ma l’edizione in elegante formato digipack è assolutamente professionale, con un corposo libretto contenente tutti i testi (rigorosamente in cirillico) e lugubri illustrazioni in un sulfureo grigio-verde, che dipingono visivamente le cupe sensazioni del disco e ci introducono a quello che andremo ad ascoltare una volta premuto il tasto play. I nostri, che si fanno chiamare semplicemente M. e N. (il primo è impegnato anche nei doom-prog metallers Below The Sun), propongono un black metal atmosferico e depressivo, che spesso e volentieri assume connotati indefiniti e nebbiosi, lasciando che la disperazione e il male di vivere fluiscano liberamente attraverso urla e musica, senza badare troppo ad una rigida forma canzone.
Spontaneo ed immediato paragone si potrebbe fare con alcuni lavori di Burzum o più ancora con realtà come Xasthur e Leviathan: se vi attrae questo genere di sonorità ed amate il black metal che si trascina angosciato attraverso passaggi malinconici e catacombali, qui troverete certamente pane per i vostri denti. La produzione è perfettamente in linea con l’approccio della band:dolente, opprimente e fangosa, esalta ogni sferzata di dolore, senza per questo affossare troppo i momenti più violenti e veloci, che pure non mancano. Anzi direi che, nella palude immobile e rassegnata che è la musica degli Istina, che si dipana in un susseguirsi di pezzi prolissi e in sostanza privi di una struttura portante, le accelerazioni rappresentano una diversificazione che rende leggermente meno monolitico il risultato finale.
A parte questi sprazzi di furia,la proposta dell’ensemble russo è un muro sonoro che alterna intime ed amare riflessioni a lucidi deliri, costruito con note colme di rassegnazione e strazio,per tutti i lunghi settanta minuti di durata del disco. Il riffing marcio, il drumming lineare e lo screaming lacerante sono i semplici ma solidi elementi sui quali si regge tutta l’impalcatura di “Revelation Of Unknown”, con l’aggiunta all’occorrenza di sinistri tappeti tastieristici, che laddove presenti rendono il sound ancora più tetro e malsano. Siamo di fronte ad un lavoro che ha nella sua caratteristica principale sia il suo maggior pregio che il suo più rilevante difetto, a seconda del gusto e della sensibilità dell’ascoltatore: l’essere così monocorde, pesante ed ossessivo da un lato attirerà alla fruizione dell’opera coloro che adorano farsi torturare i padiglioni auricolari dal depressive più lancinante ed estremo e, allo stesso modo, allontanerà quanti cercano maggiori variazioni e dinamismo. Insomma quella degli Istina è una proposta coerente ed elitaria, che tuttavia potrebbe essere giudicata assolutamente non indispensabile da chi non apprezza siffatte nefandezze musicali. A voi la scelta.