I Délétère sono persone strane. Non conoscendoli, sono andato a documentarmi su questa band procurandomi album passati e notizie, e noto che come comune denominatore nei loro lavori hanno tematiche grottesche come le pestilenze, le piaghe e soprattutto le oscurità medievali. Canadesi del Quebec i nostri metallers amanti della storia sono usciti sul mercato a giugno di quest’anno, via Sepulchral Production, con questo nuovissimo “De Horae Leprae”, secondo full lenght dal 2015, data dell’esordio discografico, dopo qualche demo ed ep. Se il primo album “Les Heures De La Peste”, davvero interessante ma che lasciava intravedere comunque le pecche di un esordio, parlava della peste come piaga e dramma del 1300, ora le tematiche si spostano verso la lebbra, altro dramma che affliggeva il mondo negli stessi secoli, dando alla luce un interessante concept album che narra le vicende di un certo Teredo, appunto un lebbroso. Comporre un concept album senza cadere nel già sentito e soprattutto nella mediocrità, oggigiorno non è assolutamente facile e scontato ma devo dire che, dopo svariati ascolti, i Délétère sono riusciti a produrre un disco con i fiocchi, che si posiziona tra le uscite di rilievo nel genere della prima parte di un 2018 tutto sommato prolifico di buoni lavori. Già dall’artwork, ben curato e di sicuro impatto, ci si rende conto che i nostri canadesi non suonano un genere vicino al power metal con voci bianche, ed infatti appena parte “Cantus I-Teredinis Lepra“ veniamo accolti da un organo sinistro e non c’è neppure il tempo di respirare che la doppia cassa e il tremolo attaccano i nostri padiglioni auricolari con violenza ma eleganza. Ciò che infatti contraddistingue questo album è il continuo utilizzo di melodie, tessute con parsimonia e dedizione grazie a un lavoro di chitarre davvero interessante e ispirato.
Il duo canadese in studio è davvero una macchina da guerra e mi ha colpito soprattutto la ricercatezza degli arrangiamenti, vero valore aggiunto dell’opera. Prestazione davvero al top per il drummer/vocalist Thorleïf, capace di pestare come un dannato dietro le pelli in maniera impeccabile e ruggire dietro al microfono come un anima in pena condannata a soffrire per l’eternità in un girone infernale. Penso altrettanto che il buon Atheos alla sei corde sia cresciuto a pane, metal classico e bordate di black metal scandinavo, perché ogni nota che esce dalla sua chitarra segna melodie inquietanti e deprimenti, che rendono bene l’idea di malessere che i Délétère vogliono trasmetterci. Più proseguono gli ascolti e più ci immedesimiamo nelle sofferenze di questo Teredo, ricoperto dalle cicatrici della sua malattia. Inutile cercare un brano che spicca all’interno di questi nove “Canti” nei quali è suddiviso l’album, tutti di buona qualità, tuttavia il climax si raggiunge con le bellissime ed epiche “Inopia et Morbo“ e “Atrum Lilium”, veri e propri manifesti di questo lavoro, con la loro potenza brutale e le loro melodie che rimangono in testa al primo ascolto. Anche se, trattandosi di un concept, il bello è ascoltare tutto d’un fiato il lavoro, magari seguendo i testi (rigorosamente in francese, con qualche spruzzatina di latino) per farci catapultare nelle atmosfere malsane di quel periodo. Non posso che consigliare l’ascolto di questo “De Horae Leprae”, non solo agli amanti del black più melodico ma anche ai più ortodossi sostenitori della fiamma nera, nonché a chi è abituato a sonorità più classiche e meno crude. I Délétère in un solo colpo riescono ad accontentare tutti e lo fanno in maniera davvero egregia.