Il 2018 appena concluso segna il ritorno dei Myrholt, al secolo Ole Alexander Myrholt, il poliedrico polistrumentista già in forza a svariate bands underground come Archon, Diabolical Breed e Enslavement Of Beauty e persino, nella seconda metà degli anni duemila, con i power metallers Gaia Epicus. “Nordland”, questo il titolo dell’ultima fatica in studio, è niente di più e niente di meno che black metal norvegese nella più pura accezione del termine. Come ben si può immaginare questa sua terza fatica discografica sulla lunga distanza col moniker Myrholt non lascia trasparire la benché minima voglia di stravolgere, innovare o portare modifiche a un genere proposto e riproposto da quasi trent’anni, anzi, suona quasi come voler rendere tributo e gloria a chi, in questa frangia così occulta ed estrema del metal, ha contribuito a renderlo grande. La storia dei Myrholt ha origini lontane quando, all’alba degli anni novanta, un giovane ragazzo venne letteralmente stregato e rapito dalla musica primordiale di Darkthrone e Burzum e da lì iniziò a buttare giù riff e canzoni intere per anni e anni, tenendole in cantina e aspettando il momento propizio per donare al crepuscolo le sue creature. In soli due anni Myrholt è stato capace di tirare fuori tre album contenenti tutte le sue creazioni (“Med Samme Naal, Under Samme Maane” del 2017 è una raccolta di tutti i singoli usciti precedentemente) e “Nordland” rappresenta appunto la sua quarta fatica in studio. Le coordinate sono sempre le stesse e la musica non si distacca di un millimetro da ciò a cui questo progetto ci ha abituato. Riff minimali ma efficaci, affilati come spade e freddi come il ghiaccio, spesso ripetuti al limite dell’ossessivo, privilegiando i mid-tempos a discapito dei più laceranti blast, presenti in apertura e chiusura del disco e nulla più.
“Fra Moerketid Mot Solgangsbris” è tremendamente Darkthrone in tutto il suo incedere, il suono è acre e minimale come se fosse una vecchia Fiat 126 accesa e portata a tutta velocità. Il vento norvegese congela la faccia e le mani mentre lo scream di Myrholt canta le antiche storie di terre fredde e lontane, riportando in musica le desolate regioni settentrionali norvegesi. Spesso e volentieri la maggior parte dei progetti che sono nati con estrema devozione ai mostri sacri rischia di cadere nella trappola dello skip facile ma non è questo il caso: sarà la genuinità della proposta o la capacita del mastermind di comporre un altro disco che, oltre ad essere scorrevole, riesce a calamitare l’attenzione; sta di fatto che “Nordland” convince e cresce col passare degli ascolti, trasportandoci nella dimensione più primitiva del black metal. I suoni sono scarni, a volte quasi afoni ma dannatamente belli, grazie pure a una produzione che dona equilibrio e fa sì che non regni il caos ma tutto sia comprensibile, condizione necessaria al fine di poterci addentrare nelle atmosfere rarefatte che il nostro ha confezionato ad hoc per noi. Lo scream si alterna spesso e volentieri a spoken vocals evocative, che ci fanno rifiatare e rendono il lavoro più vario, come se fossero, in vari frangenti, un’esortazione a spingerci sempre più all’interno di un fiordo innevato. Quaranta minuti di black metal puro e scarno; non c’è spazio per tastiere, strumenti folkloristici o musiche da cartone animato. La proposta della band è genuina e pura come la neve, come se si trattasse di outtakes di qualche disco datato 1993 e rimasto sepolto in una cantina a prendere polvere. Il sole è ormai tramontato sul 2018 ma, per quanto riguarda il black metal, possiamo dire che da tempo non si assisteva a così tante uscite di qualità come nell’anno appena concluso, con la speranza che pure il 2019, musicalmente parlando, sia altrettanto generoso.