Il black metal atmosferico è una categoria multiforme che negli ultimi anni ha dimostrato di potersi applicare a diversi contesti lirici e concettuali con risultati, come del resto per qualsiasi altro sottogenere, altalenanti, ora eccelsi, ora scarsi. Un genere molto praticato negli Stati Uniti, dai quali proviene il progetto Mare Cognitum, one man band del factotum Jacob Buczarski, che giunge con questo “Luminiferous Aether” al non trascurabile traguardo della quarta fatica sulla lunga distanza. E, diciamolo subito, si tratta di un album molto meno convincente rispetto a prove di maggior spessore come “An Extraconscious Lucidity” e soprattutto il predecessore e validissimo “Phobos Monolith”, finora picco artistico di questo progetto. Lo stile continua ad essere etereo ed immaginifico, non dissimile da quello di realtà come Spectral Lore ed Aureole (peraltro compagni di split del nostro negli anni scorsi) od ancora Darkspace, Tome Of The Unreplenished e Midnight Odyssey, con un sound spaziale ed intrecci ambientali tesi a trasportare l’ascoltatore in un universo distante, dislocato nelle profondità della galassia e nei meandri più reconditi dell’inconscio. Questa volta però il gioco è riuscito solo a metà perché gli scontri tra gli opposti (luce/buio, rabbia/malinconia) e la studiata alternanza tra sfuriate aggressive e passaggi più dilatati paiono ormai prevedibili ed a tratti decisamente stantii: si tratta di espedienti emotivi noti e già ampiamente sfruttati nell’ambito del genere di appartenenza, prima e meglio, anche dallo stesso Buczarski. Ciò che convince maggiormente è invece una certa vena progressiva che innerva i brani, specialmente “Constellation Hipparchia” e “Occultated Temporal Dimension”, le due lunghe suite centrali che rappresentano il cuore pulsante dell’opera, ed una mai sopita volontà di incupire a tratti il suono, avvicinandolo ai canoni più consueti del black metal. Non che “Luminiferous Aether” sia un brutto lavoro, tutt’altro, ma la sensazione è quella di un’occasione sprecata a metà, laddove una ricerca più personale e l’evitare di appiattirsi su alcuni luoghi comuni avrebbero garantito una maggior continuità con i precedenti, ottimi dischi del nostro.
Sign in
Welcome! Log into your account
Forgot your password? Get help
Password recovery
Recover your password
A password will be e-mailed to you.