Nati nel lontano 1996, gli svedesi Ofermod, dopo il valido singolo “Mystérion Tés Anomias”, originariamente pubblicato nel 1998, sembravano svaniti nel nulla anche a causa delle disavventure giudiziarie del mastermind Michayah, membro anche dei sulfurei Nefandus, che visitò più volte le patrie galere. Ora, arruolati nella band diversi personaggi militanti in svariate ed oscure realtà svedesi (Funeral Mist, Watain e Malign) e grazie alla sempre lungimirante Norma Evangelium Diaboli, ecco il mini cd della rinascita. La musica dei nostri fin dagli esordi era pesantemente influenzata dai Mayhem dell’inarrivabile “De Misteriis Dom Sathanas” (tra l’altro evocato-omaggiato-plagiato anche dalla copertina del presente lavoro), ed in effetti le prime due songs di questa release si possono tranquillamente definire come dei buoni esempi di black metal compatto e maligno, senza alcuna pretesa di originalità ma veloce quanto basta, complesso ed allo stesso tempo venato da un’aura misterica e luciferina, sulla scia appunto del citato capolavoro dei norvegesi. Se questo era lo stile degli Ofermod datati 1998, le coordinate stilistico-compositive del combo subiscono una decisa sterzata nella seconda parte dell’opera. Gli ultimi due pezzi sono infatti stati composti nel 2004 e presentano evidenti influenze death, con un sound decisamente appesantito e plumbeo, che non perde tuttavia un’oncia di quell’atmosfera sacrilega e blasfema che pare essere diventata il trademark di tutte le produzioni targate Norma Evangelium Diaboli. Non é un caso che la band definisca attualmente la propria musica come orthodox death metal: in effetti, specie in “Khabs Am Pekht”, i riff, pur pervasi da un mood che continua ad essere black, risultano fortemente debitori delle prime cose di Deicide e Morbid Angel, mentre nell’ultima traccia, decisamente groovy e con liriche cantate in ben quattro lingue (inglese, finlandese, ebraico e latino!), fa capolino persino qualche vaga ma comunque ben percepibile reminiscenza thrash. I testi sono piuttosto ricercati e le tematiche trattate rientrano nel filone filosofico anticosmico al quale molte bands svedesi sembrano guardare con grande interesse negli ultimi tempi. In definitiva un buon lavoro, che svolge la duplice funzione di recuperare un importante pezzo di storia dell’underground black che rischiava di finire per sempre nel dimenticatoio e di costituire un nuovo punto di partenza per un gruppo autorevole, con tutte le carte in regola per poter dire la sua nell’odierno panorama del metal estremo. Staremo all’erta per le prossime uscite discografiche: sarà interessante verificare quale strada sceglierà la band, se recuperare e riproporre in primo piano l’elemento black predominante in passato ovvero veleggiare verso lidi puramente death, ovvero ancora tentare una personale quanto affascinante commistione tra i due generi citati.
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