Cultus – Gezeteld In Zegeruinen

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Ennesimo progetto dell’olandese A. (alias Arjan, personaggio molto attivo nella scena underground e già membro o ex membro o live member, con vari pseudonimi, di Pest, Blackdeath, Lugubre, Countess e Heimdalls Wacht), Cultus è rimasto in naftalina per diversi anni dopo la pubblicazione dell’album di debutto “A Seat in Valhalla” nel 2004, del successivo “Hymns Of Descending” nel 2007 e di una manciata di demo e split. Questo “Gezeteld In Zegeruïnen” non è precisamente un nuovo lavoro ma la rivisitazione del disco di debutto, presto esaurito ed attualmente fuori produzione. Pagan black metal vecchio stampo è quello che ci propone il nostro (questa volta coadiuvato da F. alla batteria), articolato in sette episodi nei quali il grezzume black si affianca ad atmosfere epiche e guerresche. Il fantasma dei Bathory aleggia su tutte le composizioni come una presenza ingombrante ed il debito verso la musica del mai troppo compianto Quorthon è evidente, anche se qui non si sfocia mai nel pagan tout court (tipo ultimi Graveland) ma si resta sempre ben piantati in territori black, di quello raw e colmo di odio. Benché ci offrano musica tutt’altro che originale, A. e F. sanno comunque il fatto loro e riescono a catturare l’attenzione dell’ascoltatore grazie ad un songwriting fresco e dinamico, che ha il suo punto di forza in un guitarwork lineare, strutturato su melodie estremamente scattanti e di facile presa ma in grado di veicolare efficacemente un carico di pathos tragico, di malinconia struggente o di mitico eroismo, a seconda dell’emozione che si intende evocare: sotto questo aspetto si fa sentire molto anche l’influenza dei già citati Countess, specie di lavori come “Heilig Vuur” e “Spawn Of Steel”, anch’essi caratterizzati da simili linee di chitarra. Il lavoro va fruito come un continuum suddiviso in capitoli, anche per la sua monolitica compattezza, ma alcune tracce sono qualitativamente superiori alle altre ed è il caso di “I”, “IV” e “VI”, nella quale fa la sua comparsa anche un breve intermezzo acustico, del resto ben amalgamato con il feeling generale dell’album. Velocità, aggressività, ottime melodie e, soprattutto, coinvolgimento emotivo, per un’opera che di certo non stravolgerà i canoni del genere ma che riesce a difendersi con grande dignità: buon colpo per la Heidens Hart Records.