“Spawn of Steel” è il nono capitolo della band di Orlok. Dopo il precedente “Heilig Vuur”, che ancora oggi è uno dei cd che staziona regolarmente sul mio lettore, ho atteso con ansia l’uscita di questo nuovo lavoro. Che dire, questa nuova fatica a mio avviso risulta leggermente inferiore al precedente album, ma non si può certo dire che il sound sia cambiato in qualche modo per via di chissà quale evoluzione. Il trade mark della band è esattamente quello degli albori, e per albori s’intende ben più di un decennio fa, nel corso del quale si sono avvicendati gli otto lavori realizzati dalla band, che hanno seguito tutti lo stesso percorso stilistico, risentendo ovviamente delle influenze degli anni ‘80-‘90, senza mai accennare a una qualche sorta di evoluzione. In questo senso la band è sempre rimasta coerente, peccando forse di ripetitività e rimanendo intrappolata entro i soliti schemi che comunque non necessariamente dispiacciono. L’album in questione è composto da ben di 13 tracce per una durata complessiva che raggiunge quasi i 70 minuti. I pezzi si mantengono pressochè sullo stesso livello creando il tipico e inconfondibile sound grezzo e potente a cui la band ci ha abituati nel corso di questi anni. Ritmi veloci e raw vengono accompagnati dalla caratteristica prestazione vocale di Orlok, la cui voce risulta ancora più rozza e notevolmente effettata. E come potrebbero mancare gli acuti assoli di chitarra che di tanto in tanto fanno la loro comparsa a inframmezzare i brani, ricostruendo le singolari atmosfere marce ma tuttavia meno intense e peculiari, rispetto al precedente album. Impiegherei davvero troppo tempo per descrivere dettagliatamente i 13 pezzi, chi conosce già la band sa esattamente cosa aspettarsi. Questo disco, uscito nel 2005, mantiene dunque un suono vecchio e costante che sicuramente farà piacere agli estimatori “storici” della band, e perché no, a chi apprezza sonorità incontaminate provenienti da quegli anni che oramai sono solo uno sbiadito ricordo.
