Pare che gli Aborym abbiano davvero tracciato un solco che numerose bands underground nostrane si apprestano a seguire con risultati alterni, a volte decisamente scarsi (è il caso dei deludenti Program 4), altre appena accettabili, come questi foggiani Impure Domain. Partiti da un sound molto più ancorato agli stilemi classici del genere nei due precedenti full lenght (“Progression Of Impurity” del 2002 e “Vivere Di Male / The Evil Within” dell’anno successivo), i nostri si lanciano con questa loro terza fatica sulla lunga distanza nei perigliosi territori della sperimentazione elettronica unita ad un black metal violento e freddo come l’alito di un androide omicida. Ed in effetti si parte bene con i ritmi devastanti di “Nihilistik”, ma, dopo quest’inizio piuttosto incoraggiante, il disco si perde in una serie infinita di canzoni fotocopia con la drum machine programmata a velocità pazzesche, con le stesse, ormai abusate, linee di chitarra e gli stessi, disturbanti ma abbastanza fini a se stessi, inserti di tastiera e samples che si ripetono all’infinito senza poter riuscire a coinvolgere minimamente neppure il meno smaliziato degli ascoltatori. Sul finale si assiste però ad un sussulto di creatività con la parossistica “Kaos Mit Uns” e la schizofrenica “The Endmost Pitch” che regalano all’album una risicata sufficienza. Resta invece assolutamente inconcludente l’esperimento pseudo-techno della suite finale “Mistrial” (“Here Is No God” è di un altro pianeta), mentre è invece degno di attenzione il lavoro svolto in sede lirica con l’uso di una personale variazione della tecnica del cut-up di William Burroughs per la composizione dei testi. Purtroppo il fantasma di “Kali Yuga Bizzarre” aleggia sinistro per tutta la durata del cd, facendo inesorabilmente pesare la sua eredità su quello che è soltanto l’onesto, anche se non disprezzabile, lavoro di un gruppo di gregari.
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