Forse nella scena black d’oltreoceano non é proprio tutto oro quello che luccica. Dopo l’estasi uditiva procuratami dalle strepitose ultime uscite dei vari Leviathan, Twilight e Lurker Of Chalice, mi ritrovo ora a recensire il debutto sulla lunga distanza di questi Winter Of Apokalipse che, lo devo confessare, ha deluso le mie aspettative, lasciandomi un bel po’ di amaro in bocca. La band vede la partecipazione tra le proprie fila di alcuni membri di Thy Infernal e Demoncy e, contrariamente a quanto la sua provenienza potrebbe far supporre, propone un black metal veloce e possente di matrice prettamente nordica, anche ben calibrato e solido in alcuni passaggi, ma decisamente scialbo e privo di quella scintilla creativa che permette di distinguere un’opera di genio dal solito compitino svolto dallo scolaro diligente. Nelle parti più dinamiche lo stile appare accostabile a quello dei conterranei Godless North (non per nulla il mastermind di questi ultimi, Oblack Ilking, ha collaborato alla stesura delle liriche di alcuni dei brani presenti in questo “Solitary Winter Night”), altro gruppo non eccelso, ed infatti il songwriting puzza di stantio soprattutto laddove si fa maggiormente tirato e sembra quasi ricalcare stancamente le orme dei maestri scandinavi. Decisamente più riusciti i pezzi cadenzati e vagamente paganeggianti (su tutti “True Pagan Hearts”, sicuramente l’episodio migliore del lotto), i quali trasmettono un feeling epico, disperato e notturno che riavvicina le composizioni della band al più classico trademark made in USA. Ma questo non basta a vincere la sensazione di noia avvolgente che mi ha pervaso all’ascolto di questo album. Il tentativo di rileggere in maniera personale la lezione di quei gruppi che all’inizio degli anni novanta gettarono le basi del black metal va certamente apprezzato e fa guadagnare al lavoro una risicata sufficienza, ma si tratta di un tentativo soltanto abbozzato con scarsi risultati, che si perde nella mediocrità di soluzioni tecnico compositive eccessivamente ripetitive e sempre uguali a sé stesse, senza mai riuscire a piazzare un colpo vincente. In definitiva un album che può tranquillamente definirsi superfluo, pur se dignitoso nella sua fedeltà alla tradizione, partorito da un gruppo di onesti e devoti gregari. Mezzo passo falso, strano ma vero, per la Moribund Records.
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