I Behemoth sono sempre stati una mosca bianca all’interno del panorama estremo dell’Est Europa, oltre ad essere probabilmente l’unica band sul pianeta ad aver dato alla luce dei capolavori in ambito sia black che death. “Grom” é il secondo full length del gruppo capitanato da Nergal e prosegue sulla falsa riga del precedente “Sventevith (Storming Near The Baltic)”, portando a compimento e sviluppando le sonorità in nuce già presenti nel debut, oltre a recare in sé i germi della futura evoluzione (o sarebbe forse più appropriato usare il termine “cambiamento”?) verso lidi death particolarmente complessi e raffinati che sfocieranno negli ibridi “Pandemonic Incantations” e “Satanica” e nel successivo, quadrato, “Thelema.6”, fino ad arrivare ai più recenti macigni ultratecnici “Zos Kia Kultus (Here And Beyond)” e “Demigod”. Il black metal suonato dai Behemoth fin dai tempi del seminale demo “From The Pagan Wasteland”, divenuto ormai vero e proprio oggetto di culto, é sempre stato piuttosto distante dal tipico sound polacco di gruppi quali Graveland o Infernum, e, pur se accostabile in linea di massima al filone pagan, si é sempre distinto per un songwriting estremamente personale con evidenti richiami al mood glaciale dei maestri scadinavi. Le parti più veloci sono molto compatte e potenti e rendono con esattezza l’idea delle immense capacità compositive dei nostri, ma é l’elemento epico e medievaleggiante che segna indelebilmente quest’opera, rendendola uno dei capisaldi del genere. Le chitarre acustiche fanno la loro apparizione nel bel mezzo della baraonda sonora black colorando con un feeling folkish e malinconico le scarne ma evocative melodie partorite dai nostri che dipingono una tetra ed austera foresta popolata dagli spiriti selvaggi degli antichi. Ascoltando quest’album non possono non tornare alla mente le oscure e maligne atmosfere del debut sulla lunga distanza dei superbi Satyricon, di tre anni precedente, ma l’approccio del trio polacco é molto più istintivo e barbarico: “Grom” é la voce stessa delle tempeste e della Natura Madre, dei laghi e dei venti della Pomerania ed i Behemoth sono gli orgogliosi bardi di un paganesimo sopito ma ancora furente e più che mai vivo sotto le coltri nevose. Il cantato, un misto tra screaming e voce pulita assai “impostata”, potrà forse sembrare sgradevole ad alcune orecchie meno preparate, ma trova proprio nella sua cacofonia di fondo la forza primitiva necessaria per far rivivere le glorie immortali delle ancestrali imprese dei nostri padri. In definitiva un disco meraviglioso nella sua spontanea ruvidezza, un masterpiece imprescindibile, che non potrà mancare nella collezione di qualunque appassionato e sincero cultore di black e di metal in generale.
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